Malattie reumatologiche: intervenire ai primi sintomi

Prof. Sebastiani - Malattie reumatologiche

A destra il Professore Gian Domenico SebastianiFoto di kian2018 da Pixabay

La reumatologia è una branca della medicina che si occupa di malattie estremamente eterogenee, a decorso cronico e potenzialmente invalidante, a patogenesi in molti casi autoimmune o immuno-mediata, con frequente coinvolgimento sistemico. Si tratta di più di duecento patologie, ognuna delle quali con le sue caratteristiche e per questo motivo risulta molto difficile generalizzare. Non esiste una prevenzione, ma la diagnosi precoce è un’arma potentissima per intervenire e affrontare al meglio questo tipo di malattie.

L’intervista

Interris.it ne ha parlato con il professore Gian Domenico Sebastiani, direttore UOC Reumatologia dell’Azienda Ospedaliera San Camillo – Forlanini di Roma e Presidente SIR (Società Italiana Reumatologia).

Professore, quali sono le patologie reumatologiche?

“Nella recente classificazione della SIR sono stata annoverate oltre 200 malattie reumatologiche che possiamo suddividere in tre gruppi. Il primo è quello delle malattie sistemiche che possono interessare l’apparato locomotore di natura autoimmune o immunomediate, come ad esempio le connettiviti sistemiche, le vasculiti e le malattie autoinfiammatorie. Il secondo comprende le malattie che interessano prevalentemente l’apparato locomotore a carattere infiammatorio come l’artrite reumatoide, la spondilite anchilosante, l’artrite psoriasica e le artriti microcristalline. Il terzo racchiude invece quelle che riguardano prevalentemente l’apparato locomotore a carattere non-infiammatorio o scarsamente infiammatorio come l’artrosi, l’osteoporosi e altre malattie osteometaboliche e le sindromi dolorose extra-articolari quali la fibromialgia”.

Alcune di queste malattie presentano un’incidenza di genere?

“Trattandosi di molte e varie, risulta difficile generalizzare. Alcune di esse presentano una prevalenza di genere. Nel caso, per esempio, di patologie come il lupus eritematoso sistemico e l’artrite reumatoide, i soggetti maggiormente colpiti sono le donne. Nel caso, invece, della spondilite anchilosante, le persone più affette sono gli uomini in età adulta giovanile”.

Lei ha nominato l’artrite reumatoide, ci può spiegare di cosa si tratta?

“È una malattia autoimmune infiammatoria articolare che oltre alle articolazioni può colpire anche altri organi interni. La fascia maggiormente colpita è quella adulta giovanile che comprende anche le donne in età fertile. In caso la donna affetta da artrite reumatoide sia in stato di gravidanza, è fondamentale continuare il percorso terapeutico con i farmaci appropriati in quanto non tutti sono compatibili con la gestazione. Per quanto riguarda l’esordio della malattia, nella maggior parte dei casi è graduale, con dei sintomi che si manifestano un poco per volta, anche se può accadere che il principio della patologia sia acuto”.

Quanto è importante una diagnosi precoce?

“Quelle reumatologiche sono malattie in cui non può essere messa in atto una prevenzione primaria, ma solamente quella secondaria che passa attraverso la diagnosi precoce, arma determinante per la cura della patologia in corso. Questo significa che a partire dai primi sintomi, il paziente deve subito recarsi dallo specialista reumatologo in grado di fare tempestivamente la diagnosi. Se questa arriva in ritardo, infatti, nel frattempo il paziente non viene trattato e accumula un danno irreversibile, che a sua volta porta all’invalidità. Ricordiamo che ad oggi, nei Paesi occidentali, le malattie reumatologiche sono la prima causa di invalidità”.

Solitamente cosa rallenta la formulazione della diagnosi?

“Uno dei fattori è la scarsa presenza di reumatologi nel servizio pubblico. Questo comporta che, dopo l’insorgenza dei primi sintomi, i pazienti molto spesso non vengono visti dal reumatologo, ma da altri specialisti, come per esempio l’ortopedico che si occupa di una fetta della patologia dell’apparato muscolo scheletrico. Una diagnosi tardiva ha delle conseguenze non solo per il singolo individuo, ma comporta anche dei costi sociali in quanto degli esami inappropriati si traducono nello spreco di risorse del sistema sanitario e successivamente nell’invalidità, che a sua volta è una spesa sociale”.

Qual è il ruolo dell’alimentazione in queste malattie?

“È un utile complemento alla terapia farmacologica, ma è sbagliato pensare che da sola possa curare il paziente affetto da queste delicate patologie. Nel caso per esempio dell’artrite reumatoide, chi ne soffre può trovare giovamento da un’alimentazione corretta e da uno stile di vita sano, ma è fondamentale che l’iter terapeutico venga essere sempre rispettato”.

Elena Padovan: