In prima linea nel Libano devastato dalle esplosioni. Un’ampia serie di bombardamenti ha colpito aree densamente popolate a sud di Beirut in Libano. La situazione è caotica con migliaia di persone, inclusi i team di Medici Senza Frontiere (MSF), costrette ad abbandonare le proprie abitazioni nel cuore della notte senza riuscire a portare nulla con sé. Alcuni sono fuggiti a piedi e molti sono ancora bloccati in auto. A Beirut “la situazione è disperata”, riferisci gli operatori umanitari. E i team di MSF stanno lavorando senza sosta fornendo acqua, kit igienici e coperte. Migliaia di persone sono in fuga, oltre 500 scuole sono piene di persone. La gente ha dormito in auto per strada. E gli ospedali sono sopraffatti dal numero di feriti. Finora, le équipe di MSF hanno consegnato nei rifugi per sfollati 400 kit di beni di prima necessità, inclusi kit igienici e materassi. MSF sta anche provvedendo alla fornitura di acqua. E sta offrendo primo soccorso psicologico a chi ne ha bisogno, continuando a valutare i bisogni e a fornire aiuto. Mentre continua la campagna di bombardamenti israeliani sul Libano, MSF ribadisce l’appello alla protezione dei civili e degli operatori sanitari.
Sos Libano
In seguito ai bombardamenti israeliani su vasta scala che hanno colpito diverse aree del Libano, Medici Senza Frontiere (MSF) sta gradualmente intensificando la sua risposta ai crescenti bisogni umanitari, fornendo assistenza medica primaria e beni di prima necessità essenziali per la popolazione sfollata. Secondo il ministero della salute, 558 persone sono state uccise e 1.835 ferite e migliaia di persone costrette a fuggire dalle proprie case per trovare rifugio altrove nel paese. I team di MSF stanno distribuendo generi di prima necessità come materassi e kit igienici nei rifugi in tutto il paese e le cliniche mobili forniscono assistenza sanitaria di base e supporto psicologico agli sfollati. Inoltre, sempre sulla salute mentale, MSF sta gestendo un servizio telefonico per supportare a distanza le persone che hanno bisogno di supporto psicologico. I team di MSF continuano a coordinarsi con i partner sul territorio e con le strutture ospedaliere. Offrendo supporto, ove possibile, in base all’evolversi della situazione. Alcuni membri dello staff di MSF nel sud del Libano, a Beirut e in altre parti del paese hanno lasciato le proprie case, insieme alle altre persone in fuga e sono rimasti bloccati nel traffico per diverse ore nel tentativo di raggiungere luoghi più sicuri. Nel Sud del Libano e a Baalbek-Hermel, aree che continuano a subire pesanti attacchi aerei, lo staff di MSF ha riferito di aver assistito ai bombardamenti in prossimità delle loro case. Molti degli operatori di MSF si erano già rifugiati nelle proprie abitazioni, mentre i caccia israeliani hanno continuato a sorvolare la zona.
Beirut-Hezbollah
Intanto l’escalation militare destabilizza il Livano. Orfano del suo storico leader Hasan Nasrallah, che a molti pareva quasi immortale, e con i vertici militari decapitati nell’arco di poche settimane, Hezbollah appare in ginocchio rispetto allo strapotere di Israele e senza esser stato, almeno finora, sostenuto a sufficienza dall’Iran e dai suoi stessi alleati. Ma Hezbollah non sarà cancellato dalla carta geografica del Medio Oriente, affermano diversi analisti, convinti che il partito riemergerà, nonostante il duro colpo, grazie a una nuova generazione di quadri politici e combattenti. Forse addirittura più agguerriti di quelli decimati nelle ultime settimane da Israele. Per questo gli occhi sono ora tutti puntati sul futuro di Hezbollah e sul suo suo successore più papabile, Hashem Safieddin: se alcune fonti avevano riferito della sua morte assieme a Nasrallah, col passare delle ore si fa strada l’ipotesi che il cugino materno del defunto leader sia invece in un luogo sicuro in attesa di prendere formalmente le redini del partito. “Il comando pro tempore sembra esser stato intanto assunto dal vice segretario generale di Hezbollah, lo shaykh Naima Qassem, una figura pubblica, da anni incaricata per rilasciare le interviste ai media ma senza il carisma né la popolarità di cui ha goduto per tre decenni Hasan Nasrallah. Hashem Safieddin, dal canto suo, è da più parti indicato come legato a doppio filo all’Iran“, osserva Lorenzo Trombetta (Ansa). Tanto che i vertici della Repubblica islamica lo avevano designato successore di Nasrallah già nel lontano 2009. Safieddin, attuale presidente del consiglio esecutivo di Hezbollah, è originario del sud del Libano. Ed è più giovane di Nasrallah di soli quattro anni.
Escalation militare
I due hanno studiato assieme nelle scuole religiose e politiche in Iraq e in Iran. Come il defunto segretario generale, Safieddin è un sayyid, ovvero un discendente del profeta Maometto secondo la tradizione sciita. Questo lo rende il successore perfetto. A differenza di Nasrallah, che inizialmente aveva aderito al partito libanese Amal, Safieddin è descritto come un “prodotto politico iraniano”. Il possibile futuro leader di Hezbollah non è soltanto legato per via materna all’ex leader, ma ha legami organici e familiari con la Repubblica islamica: suo fratello Abdallah rappresenta il Partito di Dio a Teheran, mentre suo figlio Rida è sposato con Zeinab Soleimani, la figlia dell’ex capo della Brigata Qods dei Pasdaran iraniani, Qasem Soleimani, ucciso dagli Stati Uniti a Baghdad nel gennaio del 2000. Tra le difficilissimi sfide che attendono il successore di Nasrallah ci sono quelle di epurare il partito da infiltrati e spie nemiche, di ricostruire una struttura di comunicazione interna non più penetrabile da Israele e, di formare quasi ex novo l’impalcatura militare del partito armato. Nell’arco di due mesi otto alti comandanti militari sono stati uccisi in attacchi israeliani: non solo i capi dei gruppi in prima linea nel sud ma anche i vertici anziani come Ali Karaki, Ibrahim Aqil, Fuad Shukr, tutti uccisi in bombardamenti aerei nella periferia sud di Beirut. Tutti uccisi durante riunioni “segrete” svoltesi allo scoperto dagli sguardi indiscreti nemici. Così come è stata la sorte di Hassan Yassin, ucciso in raid di Israele che lo descrive come “capo di un’unità della divisione di intelligence” di Hezbollah.
Escalation
Il dipartimento di Stato ha chiesto ad alcuni dipendenti in missione in Libano e alle loro famiglie di lasciare il Paese in vista di una possibile escalation del conflitto in seguito all’uccisione del leader di Hezbollah Hassan Nasrallah, vale a dire “a causa della situazione della sicurezza a Beirut volatile e imprevedibile”, rende noto Cnn. La richiesta riguarda i dipendenti che non sono assegnati a compiti di emergenza, non tutto il personale dell’ambasciata a cui comunque si chiede di non viaggiare per ragioni personali senza una autorizzazione. Ulteriori limiti sui viaggi potranno essere imposte “con poco o nessun anticipo a causa delle questioni di sicurezza e minacce“. I voli di linea sono ancora operativi “ma a una capacità ridotta”. Il ministro degli Esteri turco, Hakan Fidan, ha definito la situazione a Gaza una “tragedia”, e “la mancanza di reazione internazionale una tragedia ancora più grande”. Fidan ha poi ribadito che “è necessario istituire una Palestina indipendente”. Mentre “Israele mira a espandere la guerra nella regione” e “dopo Gaza si muoverà verso il Libano“. Il ministro ha poi puntato il dito contro Washington affermando che “è preoccupante che tutto il potere degli Stati Uniti sia a disposizione di Israele”. Il segretario generale dell’ONU, Antonio Guterres, si è detto “gravemente preoccupato” per quella che ha definito una “drammatica escalation degli eventi verificatisi a Beirut” negli ultimi giorni. Anche se non lo ha citato esplicitamente, Guterres si riferiva all’assassinio del leader di Hezbollah Hassan Nasrallah, e ai successivi bombardamenti sulle zone sciite del Libano, che hanno causato decine di morti. Guterres non ha condannato l’assassinio di Nasrallah né ha citato Israele come autore degli attentati, nonostante il governo di Benjamin Netanyahu li abbia riconosciuti. Ha però insistito sul fatto che “il ciclo di violenza deve finire adesso” perché “né il popolo libanese né quello israeliano, così come la regione più ampia, possono permettersi una guerra aperta“. Per questo ha esortato le parti a “ritornare immediatamente alla cessazione delle ostilità” e ad attuare pienamente la risoluzione 1701 sul Libano, approvata nel 2006 dal Consiglio di Sicurezza ma considerata lettera morta a causa delle continue violazioni di entrambe le parti, Israele ed Hezbollah.