L'approvazione del Congresso alla proposta di legge sull'eutanasia ed il suicidio assistito ha suscitato pareri opposti tra gli esperti del Paese iberico. Dopo il disco verde ottenuto in uno dei due rami parlamentari, il testo passerà al Senato e, se approvato anche qui, diventerà definitivo.
Pablo Requena, docente al Dipartimento di teologia morale alla Pontificia università della Santa croce di Roma e delegato vaticano alla World Medical Association, ha criticato la proposta del Psoe che ha trovato un consenso trasversale nel Parlamento spagnolo: secondo Requena, questa legge rappresenterebbe uno “svantaggio” per “i più vulnerabili”. A parere del delegato vaticano, il testo “si propone di dare l'opportunità a pochi di scegliere liberamente il momento della loro morte” e “mette un grosso peso a migliaia di persone”. Non ne fa una questione politica, anzi: “Non è una questione di destra o di sinistra – ha commentato nel corso di una conferenza sul tema svoltasi a Madrid – Chi più di una persona di sinistra avrebbe dovuto rendersi conto che i più vulnerabili, con una legge di questo tipo saranno svantaggiati?”.
Un argomento difficile da affrontare ma su cui Requena si è espresso senza incertezze: “La vita non ha prezzo. L'eutanasia non offre di morire con dignità, anticipa semplicemente il momento della morte, ma non aiuta a morire meglio. Morire meglio vuol dire avere un'adeguata attenzione medica, una squadra di assistenza competente e compassionevole, la famiglia e la società”. Le cure palliative e l'eutanasia sono due modi diversi di affrontare il problema. La seconda, secondo il docente, è “totalmente estranea alla medicina“. Per Requena, l'eutanasia si qualifica come “una forma radicale di abbandono del paziente, perché abdica alla missione di accompagnarlo terapeuticamente alla fine della vita”.
La proposta approvata dal Congresso è stata criticata anche da Rafael Mota, presidente della Società Spagnola per le Cure Palliative secondo cui non si è data la giusta attenzione alla formazione del personale sanitario per il suo settore specifico. Mota si è lamentato anche per il mancato riconoscimento di permessi di lavoro a chi si occupa di un malato terminale. “Quando c'è una nascita, la necessità di avere questo permesso è scontata. Perché non anche in questo caso?”.
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