Non è un solo giorno di riflettori accesi sulla violenza contro le donne che può risolvere quella che il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha definito “un’emergenza pubblica”, ma può certamente aiutare a riflettere, a trovare soluzioni e soprattutto a imprimere più coraggio a una donna che subisce maltrattamenti e che magari, in questo momento, ci sta leggendo, si sta informando: a te diciamo “non sei sola”. Non lo sei perché le istituzioni, la politica e le persone di buona volontà, come don Aldo Buonaiuto della comunità Papa Giovanni XXIII, su questo punto sono unite. Lo dimostrano le innumerevoli iniziative e progetti che proprio oggi sono stati illustrati e che tante associazioni cercano di portare avanti durante l’anno.
Problemi e soluzioni
A Monreale, alla presenza dell'arcivescovo mons. Michele Pennisi, che ha introdotto la testimonianza di don Buonaiuto, si è voluto riflettere sugli strumenti di contrasto alla violenza sulle donne, dalle criticità ai progressi fatti fino all’approvazione del “codice rosso”, ma senza aver prima conosciuto le storie di queste donne violentate dalla vita. Sono le “donne crocifisse” raccontate nel libro di don Aldo, quelle donne raccolte dalla strada, trafitte dal dolore e aiutate a risorgere a nuova vita. E’ il testimone che gli ha lasciato don Oreste Benzi, l’apostolo della carità, l’uomo mai stanco di aiutare le sue “sorelline”: queste donne, spesso ragazze, ingannate e costrette a prostituirsi.
L'impegno della Comunità Papa Giovanni XXIII
Liberare dalla prostituzione coatta le schiave del racket è ormai diventato per la Comunità Papa Giovanni XXIII un impegno “costitutivo” come detto alcuni giorni fa dal presidente Giovanni Paolo Ramonda. Una testimonianza instancabile quella di don Buonaiuto, per le strade maledette delle nostre città e anche nei cosiddetti palazzi, dove cerca ascolto e soluzioni per le donne-schiave. E a chi propone le case chiuse, don Aldo risponde con una domanda: e se fosse sua figlia? Sua nipote o sua sorella? La prostituzione si sconfigge, combattendo i clienti che generano la domanda e che, come ha detto Papa Francesco si tratta di “un vizio schifoso, un atto criminale”. Coloro che vogliono riaprire i bordelli – chiarisce con forza don Aldo – o non conoscono il reale fenomeno della criminalità organizzata oppure sono in malafede. Ricordando quel che gli ripeteva spesso don Oreste Benzi, aggiunge che queste donne non hanno bisogno di consolazione ma di libertà: non può esserci la logica del male minore.
L'appello di don Aldo Buonaiuto ai governanti: chiedete perdono
Da Monreale arriva poi l’appello di don Aldo, lo stesso fatto qualche giorno fa da Fabriano al sottosegretario del ministero dell’Interno, Carlo Sibilia, che in quell’occasione accolse: chiedere perdono. I governanti dei Paesi di partenza, transito e arrivo di queste giovani schiave, macchine da soldi per le mafie, devono chiedere loro perdono; e devono chiedere perdono tutti quei cristiani che hanno abusato di quelle ragazze ingannate e private della loro libertà. Ecco, questo è il sogno di don Aldo Buonaiuto, che condivide in ogni occasione e che si ostina a portare avanti: che tutti coloro che hanno contribuito direttamente o indirettamente a rendere schiave del sesso le donne, a volte ragazzine neanche maggiorenni, possano chiedere misericordia. Ma la richiesta del perdono – ricordiamolo – presuppone la consapevolezza del peccato, dell’abominio commesso ed è proprio su questa consapevolezza che bisogna ancora molto lavorare. Domani 26 novembre don Aldo continuerà la sua battaglia per la libertà delle schiave dei nostri tempi partecipando all’iniziativa della Cisl Lazio alle ore 15.00 presso l’Aula Magna del Presidio odontoiatrico G. Eastman.