“Le carceri sovraffollate sono un disumano supplemento di pena”. Mancano i braccialetti elettronici

Logo Interris - "Le carceri sovraffollate sono un disumano supplemento di pena". Mancano i braccialetti elettronici

Logo INTERRIS in sostituzione per l'articolo: "Le carceri sovraffollate sono un disumano supplemento di pena". Mancano i braccialetti elettronici

“E’ incomprensibile che solo in Italia lo Stato non sia in grado di utilizzare uno strumento che in tutte le società occidentali consente di far uscire dal carcere e di sorvegliare i detenuti che scontano pene per crimini minori“, afferma a Interris.it Giuseppe Tiani, segretario generale del Siap (Sindacato italiano appartenenti Polizia). “I numeri negli istituti penitenziari vanno deflazionati e l’Italia è stata più volte sanzionata per il sovraffollamento carcerario: malgrado tutte le sollecitazioni dell’Europa e degli operatori del settore ad alleggerire la pressione sulle carceri, le istituzioni non sono ancora riuscite a organizzarsi per usare la tecnologia del controllo a distanza – prosegue Tiani-. La pena deve essere scontata in maniera civile e le celle sovraffollate costituiscono un’inaccettabile supplemento di pena“.

Oltre la capienza

Secondo i dati del Ministero della Giustizia, in Italia i detenuti sono 61.230, a fronte di una capienza regolamentare delle carceri pari a 50.931 posti. In altre parole, dove dovrebbero stare 100 persone lo Stato italiano ne ha confinate 120. Questa situazione non è poi omogenea e, ricostruisce l’Agi, ci sono penitenziari più sovraffollati di altri. Ad esempio a Regina Coeli a Roma sono detenute 1.061 persone in 616 posti (più di 170 persone ogni 100 posti), a Brescia nel carcere Fischione i detenuti sono 366 e i posti 189 (194 persone ogni 100 posti), a Bologna nel carcere D’Amato sono confinati in 500 posti 891 detenuti (quasi 180 persone ogni 100 posti), a Busto Arsizio 434 detenuti per 240 posti (180 ogni 100 posti) e gli esempi potrebbero proseguire. Secondo l’Unione delle camere penali, il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede “si è assunto la gravissima responsabilità di aver modificato le iniziali previsioni della detenzione domiciliare per le pene brevi, protestano i penalisti, una soluzione che “non risolve ma anzi aggrava la condizione di tutte le persone che nel carcere sono ristrette e che nel carcere sono chiamate ad operare, oltre che delle strutture sanitarie esterne che potrebbero essere investite in pandemia dalla popolazione carceraria malata“.

Tempi di attesa

Afferma Samuele Ciambriello, garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale in Campania: “Il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap) sostiene di averne acquistati 5000 ma intanto anche nella nostra Regione i tempi di attesa per i detenuti che hanno ottenuto un’ordinanza di concessione della misura alternativa della detenzione domiciliare con applicazione del braccialetto elettronico, sono diventati lunghi e vanno sia a compromettere i contenuti del decreto legge 17 marzo 2020, numero 18 e le scelte della magistratura di sorveglianza, sia creano sentimenti di angoscia in coloro che ne sono beneficiari”. E, prosegue il garante campano dei detenuti, “tale frustrazione e malessere hanno portato un detenuto del carcere di Aversa a compiere un grave tentativo di gesto estremo, scongiurato soltanto grazie alla professionalità e alla prontezza del personale in servizio“.

Tempi di attesa

Il garante Ciambrello elogia la “direttrice reggente del carcere di Aversa, Carla Mauro, per la lettera-denuncia inviata al ministero della Giustizia-Dap in cui chiede di interessare nuovamente il dicastero dell’Interno-dipartimento di pubblica sicurezza per ogni utile intervento atto a ridurre la lunghezza dei tempi di attesa, che non soltanto va ad inficiare il criterio di semplificazione sotteso alla normativa deflattiva in parola, ma che soprattutto mina il clima generale dell’istituto, già provato dal particolare periodo di emergenza nazionale”. La direttrice, nella lettera inviata anche al garante per conoscenza, sostiene di essere in attesa di 10 braccialetti elettronici per i suoi detenuti. “È una vergogna, sia la mancanza di braccialetti, sia il fatto di volerli utilizzare per forza per fare uscire i detenuti che devono scontare ancora solo 18 mesi di reclusione, in misura di detenzione domiciliare- evidenzia il garante- Ma la politica ha capito che il carcere è una polveriera con miccia corta?”.

Appello del Siap

Il Siap (sindacato italiano appartenenti Polizia) sollecita, perciò, un “salto di qualità” e chiede che “la polizia penitenziaria diventi polizia dell’esecuzione penale”. Quindi, precisa a Interris.it il leader sindacale dei poliziotti italiani Giuseppe Tiani, la proposta del Siap è che gli agenti “non sorveglino più soltanto i detenuti all’interno di un un luogo chiuso come il carcere ma anche, in base a determinate funzioni, controllino chi esce per svolgere lavori esterni o per terminare la pena a casa”. E ciò può avvenire “secondo un inquadramento di dipendenza gerarchica dal dicastero della Giustizia e funzionale dal ministero dell’Interno”. L’esempio da seguire, secondo Tiani, è quello tedesco. “In Germania si fanno uscire con il braccialetto elettronico i detenuti che hanno residui di pena di alcuni mesi in modo che possano essere impiegati in mansioni socialmente utili (come prendersi cura del verde pubblico) sotto il controllo della polizia. In questo modo vengono immesse in un circuito virtuoso persone che stanno terminando di scontare la loro pensa per crimini minori“.

Civiltà giuridica

“Per costruire nuove carceri servono anni e ovviamente l’esecuzione delle pena deve essere garantita- puntualizza Tiani-. Il braccialetto elettronico allevia il sovraffollamento delle carceri che è un preciso dovere di uno Stato democratico. La civiltà giuridica impone allo Stato di consentire che l’esecuzione della pena avvenga nel pieno rispetto dei diritti umani. Mettere 12 persone in una cella per sei viola la dignità umana. Il sovraccarico delle carceri favorisce e accelera l’abbrutimento degli individui come avviene in America latina dove i detenuti non hanno neppure lo spazio per sedersi e devono stare in piedi. Chi sconta il crimine che ha commesso deve pagare con una pena giusta e non accresciuta dalla disorganizzazione del sistema carcerario”. Prosegue Tiani: “I sistemi complessi sono lenti da riformare e l’Italia soffre una carenza di personale: 36 mila agenti di polizia penitenziaria invece dei 40 mila previsti in organico“. Mancano, osserva Tiani, 4 mila uomini a sorveglianza delle carceri e lo Stato deve farsi carico di un salto ordinamentale e organizzativo, unendo l’uso su larga scala del braccialetto elettronico e il controllo sull’esecuzione della pena di chi esce per i domiciliari e il lavoro esterno da parte della polizia penitenziaria. E’ questa l’unica soluzione possibile al sovraffollamento delle carceri”. Conclude Tiani: “E’ una misura indispensabile per assicurare condizioni generali di giusta detenzione. A beneficiarne in particolare devono essere coloro ai quali resta da scontare un residuo di pena e che sono in carcere per reati minori. Non certo, dunque. i boss mafiosi o i grandi criminali”.
i

 

Giacomo Galeazzi: