C'è bisogno di ricordare a Vittoria. A un mese dalla folle corsa del suv che spezzò la vita dei piccoli Alessio e Simone, la città si trova ancora a soffrire per una ferita dolorosa, in attesa di giustizia e aspettando che le coscienze di ognuno possano interpretare questa tragedia come un punto di rottura con un passato che, finora, ha fatto i conti con una criminalità fin troppo palpabile, quasi parte della quotidianità. C'è bisogno di una Vittoria che combatta e che, soprattutto, riceva un forte sostegno da quelle istituzioni che, nel profondo sud della Sicilia, troppe volte sono apparse estremamente lontane. Nonostante un gruppo di contestatori presenti anche nella cittadina in provincia di Ragusa, la visita del ministro dell'Interno, Matteo Salvini, va necessariamente letta con una lente diversa rispetto a quella attraverso la quale si analizza l'attuale situazione politica del nostro Paese: per qualche ora, quelle impiegate dal vicepremier per visitare, in un incontro sentito e commosso, i familiari di Alessio e Simone, le bandiere politiche sono state dimenticate per lasciar posto a un cordoglio dovuto, affiancato dalla promessa che, anche a Vittoria, lo Stato è presente.
Una visita fondamentale
“Una visita importante” quella del ministro, come raccontato a In Terris dal prefetto Filippo Dispenza, Commissario straordinario alla guida di un comune i cui precedenti organi elettivi erano stati sciolti per mafia, perché “avvenuta in una realtà difficile e costretta a combattere con la piaga dell'omertà, peraltro in quella che è la fase più delicata del commissariamento”. Il prefetto, che ha personalmente accompagnato il ministro dai genitori dei due bambini uccisi dal fuoristrada di Rosario Greco, ha spiegato come questo momento non vada contestualizzato nell'agone politico ma che, allo stesso tempo, la visita, a livello istituzionale, “è stata importantissima non solo simbolicamente ma anche sostanzialmente”. Ce n'era bisogno, in “una realtà malata”, in cui “il comune deve smettere di essere ostaggio della criminalità” e, soprattutto, “deve creare uno stato di ribellione permanente”. Vittoria ha bisogno di reagire, di mostrare il lato migliore di sé di fronte a una tragedia che, come affermato dal Commissario, “deve smuovere le coscienze a ribellarsi all'omertà, all'arroganza criminale, ad aiutare le tantissime persone per bene che vivono a Vittoria, dove non ci sono solo criminali. Questi concetti il ministro li ha ribaditi e questo mi ha fatto molto piacere”.
La nuova generazione
Memoria e azione. Due termini che, per funzionare, hanno bisogno di andare di pari passo: ricordare, per essere consapevoli di cosa si sta combattendo; agire, perché la criminalità si sconfigge con l'aiuto di tutta una comunità, accantonando la paura e quel sentimento di omertà da cui i dispensatori di terrore e violenza traggono linfa vitale: “Io credo che sia anche un fatto culturale anche se, chiaramente, non in tutti gli strati sociali: l'omertà è il quotidiano ma non solo in Sicilia. E' un fattore comune ma si può combattere: con le istituzioni, certo, ma anche e soprattutto nelle scuole, con l'educazione, con l'esempio, con i modelli positivi, istituzionali come familiari e culturali”. Ed è dalle nuove generazioni che Vittoria intende ripartire, lavorando sugli uomini e le donne del futuro affinché gli sbagli commessi restino null'altro che un monito: “La chiesa sta cercando di darci una mano. Io sono stato in tutte le scuole di Vittoria, e lì ho scoperto che c'è una nuova generazione di ragazzi che hanno idee straordinarie per il riscatto della propria terra, della propria città, per liberarla da questa fama che la vuole stretta nella morsa della criminalità. Abbiamo realizzato dei progetti molto importanti sull'etica della responsabilità: questo vuol dire che c'è un substrato positivo su cui lavorare”. Lo stesso dal quale ripartirà la città con il suo nuovo volto, modellato secondo la logica della legalità.