Fare chiarezza sui preparati a base di cannabis ad azione terapeutica e sulla loro dispensazione è un nostro dovere, in primis per non creare false aspettative o insinuare dubbi nei pazienti veramente bisognosi di cure e nelle loro famiglie che vivono quotidianamente drammi reali e sofferenze ineluttabili”. Così in una nota Arianna Capri, vicepresidente di Federfarma Verona interviene in merito alla cannabis medicinale che, sottolinea, “può essere erogata solo dalle farmacie ospedaliere e di comunità capillarmente distribuite sul territorio. La Capri aggiunge: “Le forme commerciali di recente liberalizzazione nulla hanno a che vedere con le varietà botaniche che possono avere effetti terapeutici/curativi”.
Nelle forme commerciali al di fuori delle farmacie, precisa Federfarma, il contenuto di principio attivo Thc (Tetraidrocannobinolo) deve essere per legge inferiore allo 0,6% mentre nei medicinali preparati nelle farmacie la concentrazione è compresa mediamente tra 7 e 22% e la concentrazione di cannabidiolo (Cbd) raggiunge il 10%. Inoltre nella marijuana medicinale il rapporto Thc/Cbd può variare in base alle necessità terapeutiche specifiche del paziente. L’usp della cannabis medicinale è consentita strettamente per poche ben definite e gravi patologie e la prescrizione viene rilasciata dal medico in base alla sua discrezionalità.
“Siamo consapevoli delle difficoltà dei pazienti per la scarsa disponibilità di Cannabis terapeutica (dovuta all’alta domanda, ndr) ma – conclude la nota – ribadiamo con forza che non esistono oggi alternative 'commerciali' alla terapia ovvero alternative al medicinale a loro prescritto dal medico, secondo il loro quadro clinico, e preparato in farmacia secondo i criteri di Qualità, Sicurezza ed Efficacia imposti dal Ministero della Salute. Tutto il resto, se proposto come possibile alternativa terapeutica, rientra nella sfera della grave proposta ingannevole”.