Gli sforzi normativi degli ultimi anni e la crescente efficacia di procedure e Guardia di Finanza nel perseguire i reati di corruzione hanno portato l’Italia nel gruppo dei migliori” per le attività di contrasto attive verso le società che corrompono all’estero.
E' il commento del presidente di Transparency International Italia, Virginio Carnevali, alla presentazione del nuovo report dell'organizzazione, intitolato “Exporting Corruption – Assessing Enforcement of the Oecd Anti-Bribery Convention” e diffuso oggi. Transparency International (Ti) è un'organizzazione internazionale non governativa che si occupa della corruzione, non solo politica, fondata nel maggio del 1993 a Berlino, dove attualmente si trova la sede centrale, su iniziativa di Peter Eigen, direttore di una sezione della Banca Mondiale.
L'Italia è stata classificata nella categoria “attiva”, livello massimo, circa l’attuazione dei principi contenuti nella Convenzione Ocse contro la corruzione internazionale. “Questo – prosegue Carnevali si Sir – non significa che le aziende italiane, o quelle dei Paesi nella stessa fascia di classifica, si comportino meglio delle altre, ma che il sistema repressivo si è dimostrato più efficace di altri”.
Secondo i dati forniti dal ministero della Giustizia, infatti, nel periodo 2014-2017 l’Italia ha aperto 27 indagini e 16 casi e concluso 6 casi con sanzioni. Altro dato positivo, nel 2017 il Parlamento italiano ha approvato la nuova legge sulla protezione degli informatori (whistleblower).
Nel rapporto vengono segnalate anche alcune inadeguatezze che riguardano il quadro giuridico, il sistema giudiziario e la mutua assistenza giudiziaria. In particolare, “nonostante la maggiore durata dei termini di prescrizione, il fatto che le limitazioni continuino ad avere effetto in tutte e tre le fasi giudiziarie può significare che i giudizi finali non saranno raggiunti entro i tempi consentiti”.
“L’incidenza dei casi prescritti – viene rilevato – è più alta nei casi correlati alla corruzione rispetto ad altri tipi di reato”. Inoltre, “l’Italia è tra i Paesi con il più alto numero di casi pendenti e la durata più lunga dei procedimenti”. Nel report viene evidenziato che “a partire dal 2016, vi è stata una significativa carenza di magistrati, nonché di personale ausiliario” e che “la mancanza di un database centrale aperto e facilmente accessibile di informazioni su indagini e casi rimane un problema importante”. Inoltre, “persistono ancora difficoltà per quanto riguarda il monitoraggio dei flussi finanziari attraverso i normali meccanismi di rogatoria e l’identificazione dei beneficiari che operano sotto il segreto aziendale”.
Per tali motivi, Transparency International Italia raccomanda di “estendere al settore privato le tutele per chi segnala corruzione sul posto di lavoro, i cosiddetti whistleblower”, “implementare una riforma più ampia del sistema di giustizia penale”, “rivedere ulteriormente le norme sui termini di prescrizione” e “garantire materiali e risorse umane adeguate all’interno del sistema giudiziario”.