L’Italia modello di democrazia per la Somalia

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Nella foto di sinistra, Stefania Valentini (la seconda da destra) insieme alla delegazione somala. A destra un altro momento della visita in Italia. Foto: H.Opes

La Somalia è un Paese che sta cercando di costruire la propria democrazia, mettendo in campo tutte le risorse in suo possesso. In questo contesto è nata la visita in Italia del presidente del Parlamento della Repubblica Federale della Somalia, SheiK Adan Mohamed Nur, accompagnato da una delegazione di parlamentari. Il suo soggiorno ha offerto l’opportunità di parlare di cooperazione tra i due Paesi e c’è stato un incontro con il presidente della Camera dei Deputati, l’on. Lorenzo Fontana, e con Pier Ferdinando Casini. É la seconda volta che una carica così importante della Somalia si reca in Italia, segno tangibile di continuità nel processo di cooperazione tra i due Paesi. 

L’intervista

La Fondazione H.Opes ha molto a cuore la Somalia e dal 2016 opera per la realizzazione di una pace sostenibile post-conflitto e per rafforzare l’intero scheletro istituzionale del Paese. Interris.it ha intervistato Stefania Valentini, presiedente di H.Opes che nel corso della visita di questi giorni ha organizzato una tavola rotonda con dei rappresentati della società civile del nostro Paese, durante la quale l’Italia ha ribadito l’impegno concreto a cooperare attivamente con le istituzioni somale. 

Presidente, come si costruisce la democrazia in Somalia? 

“Si tratta di un Paese dilaniato da trent’anni di guerra civile e che ora ha il forte desiderio di uscire dal tunnel costruito durante gli scontri per dare finalemnte un futuro di pace e di sviluppo a tutta la popolazione. Per riuscirci si deve partire dal cuore pulsante della politica, ovvero il Parlamento, istituzione che per compiere una buona attività di legiferazione deve avere un buon funzionamento. Solo in questo modo si può costruire una democrazia duratura, fondata su principi sani e capace di offrire nuove opportunità alla popolazione somala”. 

Che ruolo ha l’Italia? 

“Da sempre il nostro Paese ha sostenuto lo sviluppo della Somalia e anche negli ultimi anni sta cercando di riagganciare una forma di cooperazione partecipata. Dall’inizio del suo mandato, lo stesso presidente del consiglio, Giorgia Meloni, ha rispolverato il piano Mattei, per sostenere le nazioni africane, alimentando e consolidando i rapporti con loro attraverso programmi di investimento e di sostegno. In questo processo di nascita della democrazia l’Italia mette a disposizione la sua esperienza e diventa un fidato compagno di viaggio che mostra la strada da intraprendere”. 

Come sta il popolo somalo? 

“Come tutti i Paesi segnati profondamente da fattori interni ed esterni. Mi riferisco per esempio alla crisi climatica che ha portato alla siccità, alla pandemia da Covid, alla malnutrizione e alla dispersione scolastica. Tutto ciò ha remato contro e ha rallentato di parecchio il processo di sviluppo del Paese. Il popolo somalo ha voglia di reagire, ma è provato da una condizione che lo ha indebolito molto e noi italiani abbiamo l’importante compito di aiutarlo, partendo proprio da quel forte desiderio di rinascita”. 

Chi è la Somalia? 

“È un Paese non opportunistico, che si fa voler bene e nonostante la storia non sia stata favorevole, ha sempre mantenuto alto il senso della dignità. É un Paese ricco di risorse da valorizzare e da usare in questo nuovo processo di sviluppo. Una di queste è il mare con il mercato ittico e con tutte le altre risorse che l’oceano può offrire, un’altra è la temperatura mite per tutto l’anno che può essere sfruttata per lo sviluppo di energie rinnovabili”. 

Quanto tempo ci vorrà per costruire questa democrazia? 

“È molto difficile fare una previsione concreta. La Fondazione lavora da diversi anni in questo Paese con piani di programmazione decennali e alcune volte anche ventennali. Sicuramente la loro propensione a collaborare insieme dà molto spazio all’Italia per accelerare questo processo di sviluppo che sono sicura avverrà e darà molte soddisfazioni ad entrambi i Paesi”. 

Elena Padovan: