Si potrebbe dire “mamma le turche”. La declinazione al femminile non è riferita al gentilsesso, bensì alle nocciole. Coldiretti, basandosi su dati Istat relativi ai primi otto mesi del 2018, denuncia che si registra un aumento di nocciole dalla Turchia con un aumento del 30% nelle importazioni in Italia destinate a rifornire soprattutto l’industria dolciaria. L'associazione spiega che questa “invasione” stia avvenendo nonostante i numerosi allarmi scattati in Europa per gli elevati livelli di aflatossine cancerogene. Di qui l'appello di Coldiretti ad un’inversione di tendenza per difendere la produzione nazionale di nocciole dopo che la proprietà turca della Pernigotti ha accolto le richieste del Governo italiano di sospendere la procedura fino al 31 dicembre 2018.
“Le importazioni dalla Turchia – si legge in una nota di Coldiretti – hanno raggiunto quasi i 21 milioni di chili nei primi otto mesi dell’anno facendo non solo concorrenza alle produzioni nazionali in forte espansione, ma mettendo a rischio anche la salute dei consumatori come dimostra l’alta percentuale di irregolarità registrata dal sistema di allerta rapido europeo (Rasff). Nel 2018 sono stati fino ad ora ben 17 gli allarmi scattati in Europa per le aflatossine nelle nocciole turche. Lo spostamento all’estero delle fonti di approvvigionamento della materia prima agricola è spesso il primo passo della delocalizzazione che si realizza con la chiusura degli stabilimenti e il trasferimento di marchi storici e posti di lavoro fuori dai confini nazionali”. L’Italia è il primo produttore europeo di nocciole, il secondo mondiale, e può vantare ben tre denominazioni di origine riconosciute dall’Unione Europea, la Nocciola del Piemonte IGP, la Nocciola di Giffoni IGP, la Nocciola Romana Dop. “Un aiuto alla produzione nazionale – conclude la Coldiretti – può avvenire anche aumentando il contenuto di nocciole nelle creme invece di utilizzare grassi di origine diversa come l’olio di palma“.