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In Honduras un progetto per aiutare i migranti a restare

Si chiama “Sollievo della Sofferenza“: un nome profetico, visto che ricorda la struttura sanitaria voluta e inaugurata da San Pio nel 1956. In America Centrale e Latina, la parola sofferenza ha anche un'eco sociale: l'intero Subcontinente è da tempo scosso da profondi flussi migratori, che si radicano in Honduras fino al confine con gli Stati Uniti. È per questo motivo che il sacerdote italiano Ferdinando Castriotti, in Honduras da sette anni, ha contribuito a sviluppare diversi progetti sociali per aiutare gli honduregni a non partire.

Giovani sofferenti

I viaggi che molti intraprendono verso il confine statunitense sono veri e propri esodi, dai risvolti spesso drammatici. Ad aggravare l'analisi è la constatazione che l'Honduras è, difatti, un Paese relativamente giovane. Secondo i dati riportati dall'emittente tedesca Deutsche Welle, circa il 43% degli honduregni ha meno di 19 anni. Nel mirino della crisi economica, dunque, ci sono proprio le nuove generazioni, costrette ad affacciarsi su un mondo del lavoro caratterizzato da manodopera a basso costo e paghe risibili nel settore dell'agricoltura, industria e manifattura. E mentre fioccano le accuse dell'Organizzazione internazionale degli Stati Americani sul riciclaggio di denaro da parte di personalità legate all'entourage dell'ex presidente Porfirio Lobo Sosa, il divario sociale amplia progressivamente i suoi margini: molti settori che trainano l'economia honduregna sono controllati da compagnie dirette da un ristretto gruppo d'élite e l'agricoltura, dove è impiegata gran parte della manodopera locale, non regge la competitività dei prodotti provenienti dagli Stati Uniti che – grazie a precedenti accordi commerciali – sono importati senza dazi.

Il progetto

Il progetto concepito da don Ferdinando non mira soltanto a contrastare la disoccupazione nel Paese. Alcuni progetti sono rivolti ai giovani che, per motivi di disagio, hanno sviluppato la dipendenza dalle droghe: a El Paraíso, vicino al confine con il Nicaragua, è stata aperta la Casa Giovanni Paolo II, che ospita circa 23 giovani sulla via della riabilitazione. È, infatti, ai giovani che il sacerdote principalmente si rivolge, attraverso progetti educativi che mirano ad istruire i più piccoli che spesso non hanno accesso all'istruzione. L'educazione passa, però, anche dallo sport: il campo da calcio nella Fondazione è aperto a tutte le comunità honduregne ed è occasione di crescita per tutti.

Al fianco del popolo

Il sacerdote ha anche a cuore la sofferenza fisica. Nei Paesi poveri come l'Honduras ciò che manca è l'accesso a strutture sanitarie gratuite. Per questo motivo, grazie agli aiuti di organi internazionali come la Banca Interamericana di Sviluppo, è stato possibile realizzare un ospedale di 10.000 metri quadrati con 200 letti: vi lavora un'équipe formata da otto medici e diversi specialisti. Secondo il periodico locale Expreso.ec, al mese vengono assisti in media 1.300 pazienti: “Con i progetti in corso vogliamo ottenere due cose: che le persone non escano fuori dal Paese e che si creino le condizioni di reinserimento nella società” ha dichiarato don Ferdinando ad AFP. Il prossimo progetto sarà l'installazione di pannelli solari per consentire l'alimentazione di computer e la connessione a Internet: un passo importante per la formazione di molti giovani.

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