Le grandi industrie transnazionali dell’agro alimentare e della chimica di sintesi continuano a fare profitti, troppo spesso in modo eticamente e moralmente illecito. Capita di frequente che vengano vietati prodotti solo dopo che gli stessi abbiano causato danni irreparabili all’ecosistema e – non raramente – costi inestimabili alla salute pubblica. Eppure, la gran parte degli investimenti dell’industria primaria e secondaria moderna, fatto salvo il marketing, sono riversati in ricerca e innovazione che dovrebbero, per definizione, sperimentare e prevedere l’impatto nocivo dei prodotti prima che vengano “lanciati sul mercato”.
Il Clordecone
Tutto questo hanno imparato a comprenderlo a proprie spese gli agricoltori e gli abitanti delle Antille francesi, ricordate al grande pubblico mediatico solo in modo stereotipico come terra di conquista di vacanzieri e coppiette di neo-sposi in luna di miele. Per oltre vent’anni, le banane della Guadalupe e della Martinica, principale prodotto agricolo dell’arcipelago, sono state trattate con un antiparassitario, il Clordecone, definito altamente cancerogeno dalla scienza “disinteressata” e, come molecola non biodegradabile, considerato un flagello per la terra, i cui effetti nefasti continueranno a tormentare questa regione per secoli a venire. Proprio così: secoli. Già negli anni 60 iniziarono a suonare i primi campanelli d’allarme ma per ben altri trenta lunghi anni, mentre in Francia e nel resto d’Europa la molecola mortale veniva messa al bando, i grandi produttori ed esportatori di banane continuavano a inondare il terreno con questo composto molto simile per tanti versi al famigerato Ddt. Per lo più prodotto negli Stati Uniti, dove è meglio noto come “Kepone”, nella decade 60-70 un suo sversamento nel fiume James nello Stato del Virginia fu causa di malattie e danni all’ambiente, richiamando per un po' l’attenzione dell’opinione pubblica.
Gli effetti
Anche davanti alle evidenze, nefaste, quando finalmente anche nelle isole della Martinica francese il Clordecone fu messo al bando negli anni ‘90, i grandi gruppi di interesse posero una tale pressione sulle istituzioni, tanto da ottenere una deroga al divieto che consentì loro di terminare le scorte e continuare così a fare profitti. Nel 1999, le autorità locali rilevavano percentuali spropositate di Clordecone nell’acqua “potabile”, constatando così l’irreparabile contaminazione delle falde acquifere e così, avvalorando la correlazione con il tasso più alto al mondo di cancro alla prostata tra gli abitanti locali. Un recente studio francese ha analizzato il sangue di un campione di abitanti della Guadalupa, riscontrando una presenza importante della molecola incriminata nella quasi totalità dei partecipanti. Altri studi hanno dimostrato una correlazione causale tra il Clordecone e diversi tipi di tumore, come anche disturbi del neurosviluppo infantile e infertilità adulta. Pesce, legumi e patate, volatili allevati al suolo, bovini, ovvero le prime fonti alimentari della popolazione, continuano ancora oggi ad essere “appestate” dal Clordecone che, inesorabilmente, continuerà la sua lenta e silenziosa opera mortifera per il prossimo futuro.
Le banane italiane
In Italia, nel frattempo, una piccola azienda della Valle dell’Oreto, nel palermitano, sfruttando un clima fattosi sempre più tropicale, ha iniziato con successo la produzione e la vendita di nicchia delle prime banane tutte italiane, coltivate senza antiparassitari pericolosi. I metodi alternativi esistono ma come vorrebbe la normalità delle cose, hanno tempi e costi diversi. Questo vale per tutto quello che si produce e si consuma. Il bilancio dell’industrializzazione del comparto agroalimentare e la sua sottoposizione alle stesse logiche neoliberiste che sottendono qualunque bene prodotto in larga scala, richiederebbe indici e parametri altri da quelli squisitamente economico-finanziari. Le passività in termini sanitari e ambientali, a livello globale, sono evidenti e inconfutabili. Salvo negare la realtà, o far finta di non vedere. Come hanno fatto in questo caso le massime autorità francesi, a discapito dei cittadini delle Antille, prima colonizzati e poi avvelenati, nel vero senso della parola.