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“Il no ai respingimenti è un segnale all'Europa”

In terris.it ha messo a confronto un insigne costituzionalista e due tra i maggiori esperti di flussi migratori su una sentenza che nelle ultime ore ha fatto molto discutere nel mondo politico e nel terzo settore. Il Tribunale civile di Roma ha riconosciuto il diritto ad entrare in Italia e a chiedere protezione internazionale a 14 eritrei che erano stati respinti in Libia. I 14 eritrei per il Tribunale hanno anche diritto ad un risarcimento danni. Erano state Amnesty International e l' Asgi (l'associazione per gli studi giuridici sull'immigrazione) a promuovere un'azione contro il respingimento avvenuto nel luglio 2009.  Padre Giovanni La Manna prima a Genova all’associazione San Marcellino e poi per 11 anni nella capitale come presidente del Centro Astalli (il Servizio dei gesuiti per i rifugiati) è attualmente il rettore dell'Istituto Massimiliano Massimo a Roma.

Gestione dei flussi

“Al Centro di permanenza per i rimpatri (Cpr) di Ponte Galeria, alle porte di Roma, ho incontrato tanti migranti  che hanno condiviso con me i loro drammi e la loro preoccupazione- spiega a Interris.it padre La Manna-. La nostra sfida da educatori deve essere quella di aiutare i giovani a scegliere i valori che possano consentire un cambio di prospettiva, in un mondo sempre più globalizzato e interconnesso, su questioni fondamentali di civiltà come la gestione dei flussi migratori. Per chi scappa da situazioni di vita insostenibili il respingimento rappresenta un fallimento e alcuni esplicitano questo senso di disperazione dicendo: “preferisco morire qui piuttosto che tornare dove sono scappato”. Perciò, secondo padre La Manna, la sentenza anti-respingimenti del Tribunale di Roma  è “una misura di grande civiltà che rivela intelligenza e buon senso offrendo opportunità oneste per rimettersi in piedi a persone già duramente colpite nella vita”. Infatti, prosegue padre La Manna, “generalmente i respingimenti cadono come una mannaia quando il migrante ha già intrapreso un percorso di integrazione, quindi in questo modo si interrompe un iter positivo che rappresenta per la comunità un arricchimento dal punto di vista umano e anche sociale perchè poi ciascun individuo piò contribuire all'economia del Paese”. Al contrario, “la politica in tutto il mondo versa fiumi di parole per fare dei respingimenti un cavallo di battaglia, perdendo di vista l'essenziale e cioè che è disumano e illogico far franare una persona che si impegna per ricostruire un'esistenza dignitosa in un paese come il nostro nel quale i diritti fondamentali di ogni persona sono costituzionalmente garantiti”. Inoltre, sottolinea padre La Manna, “non si può con onestà intellettuale affermare che qualcuno lascerebbe la propria terra, famiglia e cultura se non ci fosse un motivo grave per farlo”, poi, “occorre valutare le condizioni di sicurezza del luogo in cui si vogliono rimandare i migranti respinti” e invece “si fa propaganda sui respingimenti così come sui rimpatri, senza considerare che hanno anche un alto costo economico oltreché umano”  

Le “colonne d'Ercole” della sentenza

Il costituzionalista Francesco Clementi, professore di diritto pubblico comparato all'Università di Perugia, descrive a Interris.it le “colonne d'Ercole” su cui poggia la sentenza del tribunale di Roma. “L'articolo 10 della nostra Costituzione prende atto che l'Italia partecipa strutturalmente ad una comunità internazionale che ha come proprio principio ispiratore il rispetto della dignità umana- precisa Clementi-.Il ragionamento dei giudici parte dalla consapevolezza di questo strumento di condivisione di valori comuni. E all'articolo 10 della Costituzione si unisce l'articolo 11 in base al quale l'Italia, in condizioni di parità con le altre nazioni, favorisce il rispetto di quella dignità umana che è un pilastro dei sistemi costituzionali liberaldemocratici. Da qui il varco per grantire la protezione a chi chiede assistenza, aiuto ed asilo in Italia”. Padre Efrem Tresoldi, missionario comboniano ed ex direttore di Nigrizia considera “profondamente giusta e di livello straordinario la sentenza del Tribunale di Roma perché rimette al centro la persona e gli ultimi” e “focolizza i principi sanciti dalla Costituzione in materia di diritto d'asilo”, a maggior ragione “nel caso di persone scappate da uno Stato come l'Eritrea nel quale vengono sistematicamente violati i diritti umani e che è notoriamente un carcere a cielo aperto, la Nord Corea dell'Africa dalla quale  i giovani sono costretti a fuggire per la mancanza di un futuro”. Inoltre, secondo il missionario comboniano, “questa sentenza mette in guardia i politici dal disprezzare persone che scappano da situazioni disperate e che non possono essere ridotte a pacchetti da rispedire al mittente. Sono esseri umani da sostenere e aiutare“. E questa sentenza è anche “un messaggio all'intera Europa dopo la condanna Ue all'Italia proprio sui respingimenti: una comunità di 500 milioni di abitanti deve farsi carico collettivamente del fenomeno migratorio che è strutturale e non congiunturale, in quanto è la conseguenza di un sistema economico predatorio che sfrutta le risorse naturali di paesi che vengono così impoveriti costringendo parte della popolazione a scappare alla ricerca di condizioni di vita migliori nel vecchio continente” . Dunque l'Unione Europa, avverte padre Tresoldi, “non deve far ricadere su pochi paesi come l'Italia l'onore dell'accoglienza, ma farne una prorità condivisa da tutti gli stati membri dell'Ue“.  

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