Non dimenticate l’ospitalità; alcuni, praticandola, senza saperlo hanno accolto degli angeli”. E' su questo breve estratto della Lettera agli Ebrei che Papa Francesco incentra la sua riflessione all'Angelus, successivo alla Santa Messa in occasione della Giornata mondiale del Migrante e del rifugiato e propedeutico all'inaugurazione di una nuova statua in Piazza San Pietro, dedicata al dramma delle migrazioni. Una scultura “in bronzo e argilla”, come spiegato dal Santo Padre, che “raffigura un gruppo di migranti di varie culture e diversi periodi storici”, voluta dallo stesso Pontefice affinché “ricordi a tutti la sfida evangelica dell’accoglienza”. Un'opera che rappresenta un'imbarcazione, stipata fino al limite e che ospita precariamente persone di ogni età e nazione, per ricordare come il dramma delle migrazioni non riguardi esclusivamente la contemporaneità ma affondi le proprie radici nella storia dell'uomo che, in epoche e per ragioni diverse, ha da sempre vissuto la sofferenza dell'abbandonare la propria terra alla ricerca di un luogo lontano dalla sofferenza.
Tra sofferenza e speranza
L'inaugurazione della scultura, ha spiegato il Santo Padre, avviene in una giornata in cui in “tutte le Diocesi del mondo abbiamo celebrato la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, per riaffermare la necessità che nessuno rimanga escluso dalla società, che sia un cittadino residente da molto tempo o un nuovo arrivato”. Anche per questo la scultura non fa distinzioni fra le migrazioni che hanno accompagnato le varie epoche (ricordando per stile le statue dedicate alla Great Famine irlandese del 1845-49, collocate davanti all'Internacional Financial center di Dublino, rivolte in direzione del porto dal quale in molti partirono alla volta del Canada), vissute con lo stesso sentimento di paura e sofferenza ma con la insita speranza di incontrare lidi accoglienti nei quali ricominciare ad appropriarsi delle proprie vite.