E’ sempre più allarmante la situazione dei profughi stipati nel campo dell’isola di Lesbo, in Grecia. Qui, a cadenza regolare, sbarca un numero sempre crescente di migranti, pronti a rischiare la propria vita affrontando le acque dell’Egeo, partendo dalle coste della Turchia in direzione di una salvezza che, quasi mai, risulta essere così concreta. Almeno non lo è stata per tre delle migliaia di persone che, attualmente, risiedono nell’immenso accampamento di Moria, sull’Isola greca: nell’arco di una settimana, infatti, si sono registrati i decessi di un 22enne egiziano prima e di un uomo siriano di 46 anni poi, ai quali si è aggiunto un ragazzo pakistano di appena 20 anni. Secondo quanto riportato, i tre sarebbero deceduti a seguito dell’inalazione di fumi tossici, provenienti dalle improvvisate stufe da campo utilizzate dai rifugiati per riscaldarsi. I corpi sono stati rinvenuti nei pressi delle loro tende: in particolare, il ritrovamento del secondo cadavere aveva scatenato la protesta dei profughi accolti, i quali hanno intonato canti in lingua sulla libertà e lamentato le estreme condizioni vissute fra le tende di Moria.
Indagini in corso
Le Forze dell’ordine greche hanno avviato un’indagine per appurare le cause che hanno portato alla morte dei tre rifugiati ma, già dai primi risultati ottenuti, sembrerebbe decisivo il ruolo giocato dal monossido emesso dagli impianti di riscaldamento. La difficile situazione meteorologica vissuta all’interno di contesti come quelli di Lesbo e Chio, martoriati dal maltempo e dalla neve, soprattutto nei primi giorni dell’anno, ha reso necessario l’impiego di stufe rudimentali, anche a legna, per ottenere un po’ di calore. Come più volte denunciato dalle organizzazioni umanitarie operanti nel campo di Moria, le prime a sostenere la tesi dell’avvelenamento da gas nocivi, le condizioni generali degli accampamenti sono oltre il limite dell’emergenza e comportano “un grave rischio per i rifugiati”.
Lesbo, Chio: allarme sovraffollamento
L’assembramento all’interno dei campi, unito alle rigidissime temperature registrate nelle ultime settimane, ha contribuito ad accrescere una crisi umanitaria già di per sé estremamente grave: le associazioni che agiscono in supporto delle centinaia di migliaia di persone (almeno 60 mila) stipate nei vari campi delle Cicladi, hanno a più riprese sostenuto la pericolosa situazione di sovraffollamento riscontrata in molti di questi. Il governo greco, nel frattempo, cerca di far fronte a una crisi migratoria che non accenna a diminuire, al netto del recente accordo sulla riduzione del transito nell’Egeo ratificato tra Turchia e Unione europea.