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Giornata Mondiale della Gentilezza: celebrare una virtù che fa bene al corpo e all’anima

La dottoressa Consuelo Paggin, a Interris.it, definisce la gentilezza un valore che migliora la vita di ognuno di noi

La gentilezza è un valore che a volte sembra essere andato perso. Si tratta però di una virtù fondamentale e indispensabile per costruire delle relazioni positive, costruttive e durature, basate sul rispetto reciproco. Inoltre, è un vero e proprio atto di amore verso se stessi, perché essere gentili provoca dei benefici anche a chi produce l’azione. 

L’intervista 

La Giornata Mondiale della Gentilezza, che si celebra oggi, promuove l’attenzione e il rispetto verso il prossimo, la cortesia dei piccoli gesti, la cura e l’ascolto dei bisogni degli altri senza mai dimenticare i propri. Interris.it ne ha parlato con la dottoressa Consuelo Paggin, psicologa psicoterapeuta cognitivo comportamentale.

Dottoressa, quali sono i benefici della gentilezza?

“La bella notizia è che essere gentili provoca dei vantaggi notevoli per la mente e per il corpo. Permette infatti, non solo di vivere meglio la relazione con gli altri e con se stessi, ma ha anche effetti benefici sul sistema immunitario, rafforza le aeree del cervello, cruciali per la regolazione delle nostre emozioni, e incrementa la funzionalità del nostro cuore, riducendo lo stress e l’ansia”.

C’è la piena consapevolezza che si tratta di un valore aggiunto capace di migliorare la nostra esistenza?

“Io sono convinta di sì in quanto ogni qualvolta ci troviamo a relazionarci con qualcuno di gentile si rimane piacevolmente sorpresi dalla sensazione di benessere che ne scaturisce. La sperimentazione di questa gioia interiore spinge molti a comportarsi in modo altrettanto gentile verso gli altri”. 

Si tratta di una virtù innata?

“Potenzialmente tutti possiamo essere delle persone gentili, perché ognuno di noi possiede quello che io definisco il seme della gentilezza. Capita però che qualcuno si manifesti come tale da subito, mentre altri la devono acquisire con il tempo, coltivandola con cura per poi farla sbocciare”.

Che cosa invece rende meno gentili?

“La paura che con il tempo può trasformarsi in rabbia, oppure in una barriera interna che porta alla creazione di pregiudizi verso l’altro. Negli ultimi anni, specialmente a causa della pandemia che abbiamo vissuto, questa ultima caratteristica si è molto accentuata. Inoltre, viviamo in una società ipercompetitiva, caratterizzata dall’ansia da prestazione che provoca una forte autocritica che non ci fa star bene con noi stessi e con gli altri”.

Le nuove generazioni possiedono questa attitudine alla gentilezza?

“Secondo me sì, ma capita che ad un certo punto sentano il bisogno di proteggersi e non riescono a calibrarsi nell’equilibrio dell’essere gentili. Questo atteggiamento è tipico dell’età adolescenziale e viene chiamato pensiero dicotomico, che significa vedere o tutto bianco o tutto nero. Si tratta di un percorso di crescita personale che spesso costa impegno, ma che una volto raggiunto provoca uno stato di benessere inestimabile”.

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