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Garante diritti detenuti: “Responsabilità collettiva”

La responsabilità è collettiva”, ma non si può dimenticare che “la comprensione nasce dal silenzio”. Sono le parole del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, Mauro Palma, in merito alla tragedia avvenuta lunedì scorso nel carcere di Rebibbia, dove una detenuta ha gettato i due figli dalle scale. La neonata di 4 mesi è morta sul colpo; il fratellino di due anni è ricoverato al Bambin Gesù in gravi condizioni. “I miei bambini adesso sono liberi”, avrebbe commentato la donna 30enne – di origini tedesche – al suo avvocato, all'indomani del folle gesto.

“Non si può parlare del dramma che avvolge una madre che all’interno di una vita disperata e nel luogo della disperazione più che della speranza distrugge la vita dei suoi figli – argomenta Palma su Sir -. Ma delle condizioni e delle responsabilità collettive che determinano il contesto del gesto occorre invece parlare, anche perché è della capacità discorsiva dei contesti che si nutre una democrazia ed è la sola arma perché le situazioni possano non ripetersi e soprattutto svelare a tutti noi da quali dimenticanze esse sono sorte”.

Il contesto, a suo avviso, è “quello dell’incapacità a trovare il punto di equilibrio tra la difesa del diritto alla relazione materna, che porta il nostro ordinamento alla tutela almeno nei primi tre anni di vita, e l’assoluta priorità dell’esigenza di positive capacità evolutive e cognitive di un bambino nei suoi primi anni di vita”.

“La responsabilità – sottolinea ancora – è responsabilità collettiva: della carenza di strutture di casa famiglia protette, che esistono in numero limitatissimo e che dovrebbero costituire la soluzione prioritaria; delle comunità locali che spesso non gradiscono le presenze delle detenute madri nel loro territorio; della pretesa volontà di anteporre le necessarie esigenze di giustizia a quelle due tutele a cui si faceva riferimento prima; di un’opinione pubblica che volge il suo sguardo al carcere solo in occasione di tragedie e non anche ai molti aspetti di cura e tutela che vi si svolgono ogni giorno”.

“La responsabilità non è del punto terminale di chi si trova a dirimere tale intrico di conflitti e di problema aperti e che, nel caso della Direzione dell’Istituto femminile di Roma, lo ha sempre fatto con la massima attenzione a tutte le diverse esigenze”, puntualizza Pinna. Il Garante nazionale, conclude, pur considerando se stesso parte di un dramma, “attende con speranza che dal male di tale tragedia possa sorgere il bene di una riflessione collettiva su come la società troppo spesso affidi i propri drammi a un’impossibile vaso di Pandora”.

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