Il mondo dello sport dovrebbe essere per i giovani libero da ogni tipo di pregiudizio, un’occasione di sviluppo, di formazione e di educazione alla condivisione. La realtà però ci parla di un ambiente non scevro dal rischio di bullismo, fenomeno e malessere sociale in crescente aumento e che si manifesta in età sempre più giovane e che si traduce in una serie di comportamenti molto aggressivi. Questi frequenti episodi di violenza che coinvolgono bambini ed adolescenti configurano un quadro sociale ed educativo alquanto critico, che a volte viene sottovalutato sia dagli autori di tali condotte illecite, sia dai cosiddetti protagonisti “di riflesso”, gli adulti, che spesso risultano essere inadeguati a rispondere alle aspettative legate al proprio ruolo.
L’intervista
In occasione della Giornata Nazionale contro il Bullismo e il Cyberbullismo, Interris.it ha intervistato l’avvocato Paolo Russo, presidente di Contrajus APS, associazione multidisciplinare che ha come obiettivo promuovere campagne, eventi di sensibilizzazione e corsi di formazione su tematiche riguardanti i soggetti più fragili.
Avvocato, secondo lei, perché i primi segnali di bullismo iniziano in età sempre più giovane?
“Una delle principali cause è che si tratta di un fenomeno che si sta diffondendo sempre maggiormente tramite le piattaforme web e in questo caso si parla di cyberbullismo. Allo stesso tempo si è abbassata molto l’età a cui ai bambini viene data la possibilità di accedere al mondo social. Si tratta di una porta con il mondo esterno, dietro la quale si possono trovare tante insidie, amplificate dall’inesperienza e dalla mancanza di capacità dei genitori di capire la pericolosità e di tutelare il minore ad un uso consapevole dei rischi della rete”.
Come si manifesta il bullismo nello sport?
“In questo caso siamo davanti a un tipo di bullismo tradizionale che solo in seconda battuta può trasformarsi anche in cyberbullismo. Il bullo studia i punti deboli del proprio avversario e mette in atto una vera e propria azione persecutoria che solitamente inizia con delle offese verbali, per poi ad arrivare a minacce, ricatti e anche a manifestazioni fisiche pesanti. L’ambiente sportivo viene profondamente minato nel suo intimo, in quanto viene meno una delle sue finalità, ovvero la possibilità di crescere, liberi dalla paura di venire giudicati”.
Voi avete collaborato con la Città Metropolitana di Firenze a realizzare un progetto bandito dalla Regione Toscana per contrastare il fenomeno del Bullismo e del Cyberbullismo. Chi saranno i vostri interlocutori?
“I destinatari saranno le associazioni sportive, afferenti al Coni Point di Firenze. Il progetto è indirizzato principalmente ai ragazzi ai quali spiegheremo i primi segnali di bullismo, come intervenire e quali sono le conseguenze di questo fenomeno. I ragazzi verranno suddivisi in gruppi in modo tale da poter garantire ad ognuno una formazione completa. In un secondo momento loro stessi potranno diventare tutor, i cosiddetti peer educator, dei compagni più giovani: crediamo che una formazione di questo tipo possa essere più incisiva di quella fatta da un adulto. Verranno poi coinvolti i dirigenti, gli istruttori e gli allenatori, la categoria arbitrale e i genitori. Questi ultimi hanno il delicato compito di educare e dare il buon esempio ai figli, invitandoli a rispettare il compagno, l’avversario e ogni tipo di sconfitta”.
Quali saranno le tematiche?
“Il programma formativo sarà composto da lezioni frontali e laboratoriali, e verranno individuati e analizzati i ruoli e le caratteristiche di tutti i protagonisti coinvolti nel fenomeno del bullismo, compresi i social network e le app di messaggistica maggiormente utilizzati. Per far comprendere la gravità anche in ambito giuridico, verranno analizzate le responsabilità civili e penali, la tematica del relativo risarcimento dei danni subiti dalle vittime ed esaminate le tutele offerte dalle normative nazionali e regionali vigenti in materia”.
Come si estirpa il bullismo?
“Continuando a parlarne. Si tratta di un fenomeno che è sempre esistito, ma i nostri predecessori non possedevano gli strumenti e le competenze per riconoscerlo ed intervenire. Noi adulti abbiamo il dovere e il potere di unirci e, ciascuno nel proprio ruolo e secondo le proprie competenze, dare il proprio contributo per stare vicino ai nostri giovani ed insieme sconfiggere un nemico insidioso”.