Dal 1985 ad oggi, ogni anno il governo applica il blocco pesca, provvedimento che viene attuato per tutelare le specie marine più diffuse favorendone la riproduzione. La misura viene messa in atto a scaglioni nelle diverse aree della costa italiana. Dal 29 luglio sono state bloccate le attività dei pescherecci che lavorano con imbarcazioni a strascico dal Friuli Venezia Giulia al Veneto, dall’Emilia Romagna fino a parte delle Marche e della Puglia, dove poi si tornerà in mare il 9 settembre. Le attività lungo l’Adriatico nel tratto centrale da San Benedetto e Termoli si sono fermate il 19 agosto fino al 24 settembre e successivamente sempre a settembre il blocco coinvolgerà il mar Tirreno e il mar Ionio.
L’intervista
Interris.it ha intervistato Tonino Giardini, responsabile di Coldiretti Impresapesca che ha spiegato le motivazioni e le conseguenze di questo provvedimento.
Sig. Giardini, perché una volta all’anno questi pescherecci vengono fermati?
“Si tratta di imbarcazioni che avanzano trainando dietro di sé nel fondale una rete e questo comporta una pesca poco selettiva, che raccoglie sia esemplari adulti sia quelli in età giovanile, che per legge non potrebbero essere pescati e che sono presenti soprattutto nel periodo primaverile ed estivo. Per questo motivo il Ministero in questi mesi riduce la presenza di questi tipi di pescherecci meno selettivi e offre la possibilità a queste specie giovanili di crescere, di arrivare alla maturità sessuale e di riprodursi”.
Una delle conseguenze è la presenza di meno pesce fresco nazionale?
“In Italia su 12.000 pescherecci, 2.800 usano questo traino e dunque il pescato è molto minore in una stagione dell’anno in cui il consumo di questa proteina aumenta. Il calo del pescato comporta un incremento dell’importazione di pesce dal resto del mondo che arriva sulle nostre tavole a un prezzo minore rispetto a quello nazionale che a sua volta essendo meno subisce un forte rialzo dei prezzi. È infatti risaputo che dove l’offerta è minore il costo sale vertiginosamente”.
Questo blocco coinvolge anche molti lavoratori. Sono tutelati?
“Diecimila lavoratori per più di un mese non percepiscono alcun stipendio e solo dopo un anno circa percepiscono un rimborso dal Ministero del Lavoro di 30 euro lordi al giorno come indennità. Sicuramente si tratta di una perdita notevole in un periodo storico economico non facile per il nostro Paese. Questa ridicola cifra non garantisce però una dignitosa inattività che non è stata voluta da loro, ma semplicemente subita”.
Ci sono ripercussioni sui ristoratori?
“I ristoranti possono fare affidamento anche sui pescherecci non a strascico che continuano a fornire pesce locale, ma a un prezzo più alto. Purtroppo esiste molta speculazione attorno a questa problematica e non tutti i ristoratori si rivelano essere trasparenti e onesti nel dire che non si tratta di pescato nazionale, bensì proveniente da mari lontani come quello dell’Asia e capita che mantengono lo stesso prezzo come fosse pesce locale. Il consumatore ha diritto invece di sapere la provenienza del cibo che decide di mangiare”.