In vista della giornata dell’Onu contro il lavoro minorile che si celebra il 12 giugno, la Fao e l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (Ilo), hanno lanciato un corso e-learning indirizzato ai responsabili delle politiche agricole, agli sviluppatori di programmi in ambito agricolo, ai ricercatori e statistici perché prevedano misure di contrasto al lavoro minorale nei loro progetti per lo sviluppo del settore, in particolare quelli destinati alle aree rurali più povere. La Fao, inoltre, sottolinea che il corso copre tutti i settori agricoli, dalla tutela delle foreste alla pesca e la zootecnica.
Nel mondo, circa il 60% del lavoro minorile, per complessivi cento milioni di ragazzi e ragazze, è compreso nel settore agricolo. “Per raggiungere l’obiettivo della Fame zero dobbiamo anche raggiungere quello del lavoro minorile zero” – ha commentato il direttore generale della Fao José Graziano da Silva. “Il lavoro minorile – ha aggiunto – è certamente una questione complessa e non può essere affrontato da soli. Abbiamo bisogno di partner forti dove ciascuno porta esperienza e risorse al tavolo”.
“I consumatori giustamente si aspettano che il cibo sul piatto e i vestiti che hanno addosso non provenga dal lavoro di minori o di persone costrette a farlo” – ha osservato il direttore generale dell’Ilo Guy Ryder. “Il nostro corso e-learning – ha concluso – manda il chiaro messaggio che è imperativo porre termine al lavoro minorile in agricoltura”.
Secondo l’Unicef, l’agricoltura rappresenta oltre il 70% del lavoro minorile in tutto il mondo. Oltre 132 milioni di bambini e bambine sotto i 15 anni lavorano nei campi e nelle piantagioni, utilizzando attrezzi, seminando e raccogliendo le messi, accudendo il bestiame, spruzzando sulle piante – e conseguentemente inalando – pesticidi. Il lavoro dei bambini nell’agricoltura è un fenomeno globale, e non si limita ai Paesi in via di sviluppo. Infatti, esso rappresenta un serio problema anche in quelli industrializzati. In Africa si stima che siano tra i 56 e i 72 milioni i minori impiegati nel settore agricolo.
Secondo le stime, il numero dei minori che lavorano nei campi è quasi dieci volte superiore a quelli che lavorano nelle fabbriche, nell’industria tessile, nella manifattura dei tappeti o dei palloni da calcio. I numeri variano da nazione a nazione ma si valuta che almeno il 90% dei bambini economicamente attivi nelle zone rurali dei Paesi in via di sviluppo lavori nell’agricoltura. Bambine e ragazze costituiscono una grossa fetta della forza lavoro nelle campagne. Esse sono particolarmente svantaggiate, poiché al lavoro nei campi spesso sono costrette ad aggiungere anche le faccende domestiche.
Quello agricolo è uno dei tre settori più pericolosi (insieme a quelli edile e minerario) in cui i bambini possono trovarsi a lavorare. Quelli che lavorano in agricoltura affrontano spesso attività rischiose che vanno dalla miscelazione e applicazione di sostanze tossiche, all’impiego di utensili taglienti, dall’esposizione alle alte temperature alla manovra di pesanti e pericolosi mezzi agricoli. Ultimamente si sta registrando qualche progresso. Secondo le statistiche più recenti dell’Ilo, il numero globale di bambini lavoratori è sceso da 246 milioni nel 2000 a 218 milioni nel 2004, con una diminuzione dell’11%.
I bambini cominciano a lavorare nelle campagne in età molto precoce. Sebbene la maggior parte delle indagini statistiche si riferisca alla fascia di età superiore ai 10 anni, molti bambini iniziano a lavorare anche prima di questa età. In alcuni Paesi, i bambini al di sotto dei 10 anni rappresentano un quinto del lavoro minorile complessivo nelle zone rurali.