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Europa: sì alla distruzione di embrioni umani per la ricerca

Secondo stop europeo all'iniziativa popolare “Uno di Noi”, promossa da una galassia di sigle pro-vita tra le quali il Movimento per la Vita italiano per chiedere all'Unione Europea di fermare il finanziamento alle attività che implicano la distruzione di embrioni umani e l'aborto. Il Tribunale di Giustizia del Lussemburgo ha infatti respinto il ricorso che i promotori avevano fatto dopo la bocciatura da parte della Commissione Ue nel 2014. La petizione è stata firmata da un milione 600mila cittadini Ue (un terzo le firme italiane).

“Il Tribunale dell’Ue – si legge in una nota – conferma la decisione della Commissione di non presentare una proposta legislativa nell’ambito dell’iniziativa dei cittadini europei. La Commissione ha, infatti, sufficientemente motivato la sua decisione e non ha commesso errori manifesti nella valutazione della situazione giuridica”. In particolare la Commissione ha osservato che, “poiché le spese dell’Unione devono essere conformi ai trattati dell’Unione e alla Carta dei diritti fondamentali, il diritto dell’Unione garantisce che tutta la spesa dell’Unione, compresa quella destinata ad attività di ricerca, cooperazione allo sviluppo e sanità pubblica, rispetti la dignità umana, il diritto alla vita e il diritto all’integrità della persona“.

Secondo i giudici, inoltre, la Commissione “ha preso in considerazione il diritto alla vita e alla dignità umana degli embrioni umani prendendo al contempo in considerazione anche le esigenze della ricerca sulle cellule staminali, che può servire al trattamento di malattie attualmente incurabili o potenzialmente mortali, quali la malattia di Parkinson, il diabete, gli ictus, le malattie cardiovascolari e la cecità”. Tuttavia, sempre più studiosi rivelano il successo delle staminali adulte per la cura di malattie, che non implica la distruzione di embrioni. Nei giorni scorsi sul New England Journal of Medicine sono stati pubblicati due studi – riportati dal Quotidiano Sanità – che dimostrano l'efficacia di una cura su 22 pazienti affetti da beta-talassemia attraverso le loro cellule staminali ematopoietiche.

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