La fine dell’anno scolastico sancisce ufficialmente l’inizio dell’estate, un momento di riposo molto atteso dai ragazzi. Con l’ultima campanella comincia però, anche un periodo vuoto, tutto da inventare che per molti giovani non è sempre facile da riempire. Fino a qualche decennio fa la situazione era diversa, le famiglie erano più numerose, la maggior parte delle madri non lavorava a tempo pieno e il tessuto familiare su cui contare era più solido.
La pastorale giovanile della diocesi di Roma conosce bene questo fenomeno e per contrastarlo offre delle possibilità ai ragazzi romani. Lo fa proponendo diverse attività formative e occupandosi della formazione degli educatori che operano nei tanti oratori e nelle associazioni religiose.
Interris.it ha intervistato don Alfredo Tedesco, responsabile della pastorale giovanile di Roma. Lui spiega come l’estate possa diventare uno spazio temporale fecondo, che tramite dei percorsi profondi, solidifica le basi della vita di questi ragazzi.
Don Alfredo, che cosa vivono i ragazzi durante il periodo estivo?
“I giovani di oggi, sopratutto tramite i social, conducono una vita che io definiscono iper connessa. Una volta arrivata l’estate si sentono smarriti e soli perché vengono meno i punti di incontro con i coetanei e si ritrovano a casa con dei genitori costretti a lavorare. Questa situazione provoca una sensazione di solitudine che li fa rifugiare in un mondo virtuale, dove manca la vera socialità e l’importante scambio di idee, fondamentale per la crescita di un giovane”.
Lei come definisce l’estate?
“Don Bosco diceva che, se non vissuta bene, l’estate è la vendemmia del diavolo. Per questo motivo credo sia fondamentale usarla in modo fecondo. Il periodo estivo deve diventare il momento giusto in cui prendersi cura di se stessi, specialmente della propria anima, coltivando le proprie passioni e il proprio rapporto con Dio e con gli altri”.
Le vostre proposte a cosa mirano?
“La condivisione e la riscoperta dell’affettività. Per la prima settimana di luglio abbiamo organizzato un camposcuola per adolescenti in Trentino incentrato sull’importanza di educare i giovani all’amore vero. Un’altra proposta invece, prevede un pellegrinaggio alla comunità di Taizè, in Francia, e si rivolge a tutti i giovani che vogliono crescere spiritualmente attraverso i preziosi doni della fraternità e della preghiera”.
A proposito di affettività. Come considera il rapporto dei giovani con questo tema?
“A volte siamo spettatori di una società che ci etichetta i ragazzi di oggi come superficiali e con una visione distorta dell’amore. Io invece credo che le nuove generazioni siano desiderose di relazioni autentiche che scaldino il cuore. Purtroppo però, questo bisogno a volte viene oscurato da un certo analfabetismo, ovvero ancora oggi non si conosce la lingua giusta per parlare in modo concreto di affettività”.
In che cosa consiste il progetto Ores Roma di cui voi della pastorale vi occupate?
“Si tratta di un tavolo di lavoro a cui partecipano molte associazioni e che coordina le proposte estive che gli oratori romani offrono ai bambini e ai ragazzi dai 6 ai 13 anni. Si tratta di un’esperienza formativa molto forte in cui le attività ludiche si alternano a momenti di riflessione e di preghiera. Questo progetto è nato sedici anni ed è frutto di tante realtà della diocesi che si sono unite per garantire ai più piccoli un luogo dove crescere insieme nella fede”.
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