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Entro 4 anni la Svezia sarà “cashless”

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Il contante che per millenni ha avuto un ruolo fondamentale per l’umanità è destinato a scomparire nel corso dei prossimi anni, avverte l’Economist. “Giappone arranca nella corsa al pagamento digitale– riferisce LaPresse-. La nazione che un tempo fu la culla delle transazioni elettroniche, si trova ora ad accusare un ritardo rispetto alle maggiori economie mondiali a causa dell'invecchiamento della popolazione, che rimane legata al denaro fisico. Quattro acquisti su cinque vengono ancora effettuati in contante, mentre nella vicina Corea del Sud il 90% degli scambi è digitale”. Per non parlare del Nord Europa, dove la Svezia si è già posta l'obiettivo di diventare “cashless” nel 2023. Il paese del Sol levante, d'altra parte, si avvia a essere la prima società “super-anziana”, con oltre il 28% degli abitanti dai 65 anni in su. Una platea difficile da convertire alle nuove tecnologie, secondo Yuki Fukumoto, analista del NLI Research Institute, intervistato da LaPresse. 

La posta in gioco

“La sfida ora sta nel motivare le persone“, spingendole a cambiare le proprie abitudini, spiega Fukumoto. Una sfida non semplice in una nazione dove i bancomat sono oltre 200mila e i piccoli negozi spesso accettano solo pagamenti in contanti. Ironicamente, la stessa nazione dove negli anni Novanta la Denso Wave sviluppò i primi QR code, ora ampiamente utilizzati nelle transazioni digitali. Il governo, dal canto suo, punta a sfruttare l'ondata di turisti in arrivo nella capitale per le Olimpiadi del 2020 per raddoppiare la quantità di pagamenti elettronici entro il 2020, portandoli al 40%, precisa LaPresse. Non solo: l'esecutivo prevede anche di introdurre un sistema a punti per premiare i consumatori che pagano con i nuovi sistemi, mitigando allo stesso tempo il controverso aumento dell'imposta sui consumi che a ottobre salirà dall'8% al 10%. La posta in gioco, sottolinea LaPresse,  non è d'altra parte irrilevante: la dipendenza dal contante, stima il Boston Consulting Group, costa a Tokyo duemila miliardi di yen, pari a circa 18 miliardi di dollari. Spese destinate al mantenimento della rete dei bancomat e al trasporto in sicurezza del denaro. “Se sia meglio il contante o il denaro elettronico è uno di quegli interrogativi che hanno a che fare con la tecnologia e in grado di sollevare una serie di domande quasi filosofiche – analizza Money.it – Chi auspica la scomparsa del contante lo fa perché convinto del fatto che sarebbe un metodo efficace per combattere la criminalità organizzata (solo nel nostro Paese, le agromafie nel 2017 hanno generato un volume d’affari di 22 miliardi di Euro) e un importante segnale nella lotta all’economia sommersa. Senza banconote, per esempio, sarebbe molto più difficile non pagare l’Iva, e lo Stato vedrebbe aumentare le proprie entrate e avrebbe più risorse da poter impiegare per i servizi che eroga ai propri cittadini”.

La decisione della Bce

Dal 27 gennaio 2019, la Banca Centrale Europea ha smesso di emettere banconote da 500 euro per evitarne un uso fraudolento all’interno dell’economia reale. “L’idea è che il contante dovrebbe essere usato per piccole operazioni ma non per grandi transazioni – osserva Money.it – Nonostante queste convinzioni, negli ultimi anni è stato dimostrato come la criminalità organizzata abbia una grande capacità di adattamento, e sia capace di operare ad alti livelli in contesti digitali e utilizzando, per i propri affari, anche le nuove tecnologie finanziarie, in primis le criptovalute”. Dall’altra parte, i pro-contante sostengono che se i cittadini non avessero più la possibilità di pagare in contanti perderebbero completamente qualsiasi tipo di diritto alla privacy, poiché tutte le operazioni finanziarie sarebbero completamente tracciabili. Inoltre, dal momento della nascita, tutti sarebbero obbligati ad avere un conto in banca, limitando una libertà che possiamo considerare di base come quella di “tenere i soldi sotto il materasso”. Il risultato finale sembra tendere verso un equilibrio in cui diversi fattori, da quello puramente economico a quello culturale, si sovrappongono, ma che sembrano garantire la sopravvivenza del contante ancora per molti anni. Spetta a ogni consumatore decidere in qualsiasi momento quale opzione di pagamento scegliere e quali informazioni vuole condividere.

Previsioni sbagliate

Al momento, come esseri umani, sembra che non vogliamo rinunciare a far passare le punta delle dita sulle banconote o giocherellare con le monete in tasca.  “Gli studi che pronosticavano la fine del contante erano chiaramente sproporzionati” ha concluso in uno studio recente John Williams, presidente della Federal Reserve di San Francisco. “Sulla base dei dati diffusi dal Fondo Monetario Internazionale, si giunge infatti alla conclusione che nel mondo solo due Paesi hanno visto diminuire, negli ultimi dieci anni, la quantità di contante in circolazione: Svezia e Norvegia-  evidenzia Money.it -. Nonostante i dati e le cifre, gli argomenti contro il contante sono potenti. Kenneth Saul Rogoff, uno dei più brillanti economisti della sua generazione ed ex capo economista alla testa del Fondo Monetario Internazionale, ha pubblicato un libro tre anni fa (“La fine dei soldi. Una proposta per limitare e danneggiare denaro contante”) in cui auspica la riduzione del contante in circolazione per combattere la criminalità organizzata, la corruzione, il terrorismo e l’economia sommersa, uno dei grandi mali della nostra economia”.

Giacomo Galeazzi: