E'una situazione allarmante quella che viene fotografata dal Rapporto Ecomafia 2019. Relazione presentata per il 25esimo anno consecutivo dall'associazione Legambiente, presso la Sala Capitolare del Chiostro del Convento di Santa Maria sopra Minerva, a Roma. Ad aprire la giornata il vicepresidente del Senato Anna Rossomando: “Bisogna valutare gli strumenti legislativi che abbiamo a disposizione per capire se sono validi. Sicuramente l'introduzione della legge 68/2015 (norma sugli ecoreati ndr) è stata fondamentale, un intervento di successo”. Applicata 1.108 volte nel 2018.
Il Procuratore Nazionale Antimafia e il ministro dell'Ambiente
“La legge 68 ha inserito delle fattispecie molto innovative. Ha creato un sistema nuovo rispetto al quale magistratura e polizia giudiziaria si sono mossi in maniera egregia”, sono le prime parole pronunciate da Federico Cafiero De Raho, Procuratore Nazionale Antimafia. “Però bisogna fare di più, ci sono alcuni reati spia che segnalano la presenza criminale in tutto il territorio del Paese. In questo settore non vi sono strumenti investigativi adeguati, per esempio le intercettazioni non sono possibili, coì come le collaborazioni”. E ancora: “Dunque questi reati contravvenzionali dovrebbero essere modificati in delitti. Nel settore agroalimentare la contraffazione si sussegue con una continuità impressionante. E questo genera un danno enorme al made in Italy. Servono dunque interventi legislativi che non restino sulla carta”. Poi è stata la volta del ministro dell'Ambiente Sergio Costa: “Fino ad un po' di anni fa tutto ciò era sconosciuto. Appena mi sono insediato, insieme al sottosegretario Micillo, abbiamo costituito gruppi di lavoro per cercare di coprire i vulnus legislativi. Tra le novità il Daspo ambientale, ossia chi inquina deve essere allontanato da quel territorio. Gli ecomafiosi sono dei ladri di futuro”.
I numeri del fenomeno
Il numero totale dei reati accertati è 28.137, una leggera flessione rispetto all'anno prima che però non deve ingannare sulla gravità del fenomeno. Infatti nel 2018 sono stati commessi 77 reati al giorno, 3,2 all'ora. Il settore più colpito è quello dell'agroalimentare con 447.951 infrazioni, seguito da quello dei rifiuti (7.984) e degli animali (7.291). Le ecomafie colpiscono duramente l'area meridionale del Paese – Campania, Sicilia, Puglia e Calabria – detiene oltre il 40% delle infrazioni accertate. Da segnalare anche una forte presenza nel Lazio e in Toscana. Le famiglie mafiose coinvolte nell'ecomafia sono 368. Ma quanto vale il business ecomafioso? Ben 16,6 miliardi di euro, di cui 11,9 derivanti dal mercato illegale. Drammatico il binomio tra corruzione ed ecomafia, infatti dal primo giugno 2018 al 31 maggio 2019, le inchieste censite da Legambiente in cui la corruzione è stata determinante nel commettere reati ambientali sono state 100, inchieste (23 nel Lazio) che hanno impegnato 36 Procure della Repubblica. Capitolo a parte lo merita il “mattone abusivo”: nel 2018 sono stati appaltati nel settore pubblico lavori per 140 miliardi, nello stesso periodo, le prefetture hanno emesso ben 573 interdittive antimafia. Come detto il settore agroalimentare è tra i più colpiti, strettamente connesso a ciò il caporalato. Che alimenta il fatturato criminale fino alla cifra di 4,8 miliardi, di cui solo 1,8 di evasione contributiva. Il fenomeno coinvolge 400-450mila persone.
Il presidente delle Commissione Parlamentare Antimafia
“Voglio sottolineare un dato importante. In presenza di un quadro economicamente stagante, le ecomafie continuano a crescere nel fatturarto”, così il senatore Nicola Morra. “Significa – prosegue il presidente della Commissione Parlamentare Antimafia, Morra – che l'azione di contrasto deve essere più efficace. Servono più interdittive che sono un provvedimento amministrativo, quindi più celere di quelli giudiziari, e misure patrimoniali. Perché molti soggetti coinvolti in questo settore non sanno giustificare il loro patrimonio. Serve anche una modifica della pena minima rigurdante il reato di intestazione fittizia di beni”.
Le proposte di Legambiente e la questione romana
Tra le richieste più significative l'approvazione dei decreti attuativi della legge sul Sistema nazionale per la protezione dell'ambiente a cura del Ministero dell'ambiente; esclusione dei reati ambientali dalla non punibilità per particolare tenuità dell'offesa e l'inasprimento delle sanzioni previste dal traffico organizzato di rifiuti, in modo da allinearle a quelle previste per gli altri delitti ambientali. “Le ecomafie si stanno inabissando. Per contrastarle serve una forza d'urto. Per esempio nell'abusivismo edilizio, servono gli abbattimenti e non i condoni che alimentano il fenomeno”, conclude il presidente nazionale di Legambiente Stefano Ciafani. Che poi sentito in esclusiva da In Terris parla della tragica questione dei rifiuti a Roma. “Negli ultimi vent'anni sono stati commessi tanti errori. Non è mai stata varata una politica industriale sul ciclo dei rifiuti, affidandosi sempre alla discarica privata di Malagrotta, che è stata chiusa dall'Europa nel 2012″. E ancora: “Da allora non sono stati fatti passi in avanti per i flussi necessari alla raccolta differenziata. In primis togliendo i cassonetti come ha fatto Milano. Poi Roma deve fare i suoi impianti, perché ad oggi esporta tutti i suoi rifiuti. In particolare, servono quelli per l'organico differenziato che è il primo ad uscire dalla città sui 160 autoarticolati. Così, con il trasporto su gomma, si spendono soldi per inquinare il Paese”. Dunque: “Roma deve fare i suoi impianti. E su questo la giunta Raggi è omissiva”.