Nel mondo, un cristiano su sette subisce un livello alto di persecuzione e di discriminazione a causa della propria fede. È quanto è emerso dal World Watch List 2023, il rapporto annuale di Open Doors che da trent’anni monitora la condizione dei cristiani perseguitati in tutti i Paesi del nostro pianeta. Lo Stato dove il livello di persecuzione è più alto è ancora una volta la Corea del Nord, dove la legge contro il pensiero reazionario impedisce le riunioni tra cristiani, il cui numero degli arresti è in aumento. Preoccupa poi, anche la situazione in Nigeria, in quanto è il Paese dove l’89% dei cristiani viene ucciso.
World Watch List
È l’annuale rapporto sulla libertà religiosa dei cristiani nel mondo che fotografa i primi 50 Paesi dove più si perseguitano i seguaci di Cristo. Alla luce dei risultati, viene pubblicata una mappa in cui, tramite tre colori, vengono indicati i tre gradi di persecuzione.
L’intervista
Il rapporto mette in luce l’elevato numero di cristiani che nel mondo non sono liberi di esercitare la propria fede e mostra i gradi di persecuzione nei vari Paesi a rischio. Interris.it ha commentato questi dati con Cristina Merola di Porte Aperte Italia Onlus.
Cristina, dove queste minoranze cristiane sono dislocate?
“In un centinaio di Paesi che noi puntualmente monitoriamo. Ad oggi, il nostro rapporto ci dice che sono oltre 360 milioni i cristiani perseguitati e discriminati a causa del proprio credo. I Paesi in cui questo livello è molto elevato sono undici, con capofila la Corea del Nord, in cui le persone fino alla terza generazione possono essere punite per essere diventate cristiane. A seguire la Somalia, l’India, l’Eritrea, lo Yemen, la Libia, la Nigeria, il Pakistan, l’Afghanistan, il Sudan e l’Iran.
Che tipo di persecuzioni subiscono?
“A seconda dell’area cambiano e hanno una diversa intensità. Ci sono Paesi, come alcuni dell’Africa Subsahariana o dell’India in cui i cristiani subiscono violenze fisiche. Ci sono invece altri casi in cui la persecuzione prende forme di oppressione, o di discriminazione, ovvero quella che noi del settore chiamiamo morte civica, cioè non vengono riconosciuti dei diritti che costituzionalmente queste persone possiedono”.
Chi li minaccia?
“La fonte principale di persecuzione è l’Islam che in questi Paesi è molto integralista, e percepisce inaccettabile il fatto che qualcuno decida di credere in un’altra religione. In questo modo anche la stessa convivenza con altre minoranze religiose, considerate nemiche, è impensabile e da qui la volontà ad estirparle del tutto dal proprio territorio”.
Gli attacchi ai cristiani sono maggiori durante le festività. Perché accade questo?
“Negli ultimi anni questo fenomeno si è manifestato in Paesi quali il Pakistan e l’Egitto, dove durante le celebrazioni di Natale e di Pasqua ci sono state delle violente esplosioni all’interno di chiese. Un attacco in questi giorni significa colpire il mondo della cristianità nel proprio cuore, mostrandone anche una presunta fragilità. Allo stesso tempo vuole essere un atto intimidatorio che punta alla conversione o, qualora non si voglia adattarsi alla religione maggioritaria, a lasciare il Paese”.
I cristiani come vivono?
“I nostri operatori in loco ci riferiscono di uomini e di donne, che nonostante tutto, hanno nel cuore un grande desiderio di continuare ad identificarsi in Cristo. In Paesi dell’area dell’Africa Subsahariana, dove le violenze sono continue, ci sono molte persone cristiane che sono state sfollate più volte nell’arco di pochi anni. Immaginiamo il disagio di partire per raggiungere un campo profughi e la sofferenza non solo di lasciare la propria casa, ma anche spesso per aver perso alcuni dei propri cari a causa di queste persecuzioni”.
I minori che cosa rischiano?
“I maschi, anche giovanissimi, è facile vengano rapiti, indottrinati e arruolati. Le ragazze invece, come spesso accade in Paesi come la Nigeria, vengono rapite per diventare schiave sessuali o mogli di militanti per mettere poi al mondo figli. Nel corso degli ultimi anni, anche questa situazione è molto peggiorata, e purtroppo non ci aspettiamo possa, a breve, migliorare”.