In occasione della Giornata mondiale della felicità che si celebra il 20 marzo, esce puntalmente il World Happiness Report dell'Onu, la classifica annuale dei Paesi più contenti del pianeta. Il podio quest'anno è tutto scandinavo: Finlandia prima, Norvegia seconda, Danimarca terza. E ancora, a seguire, Islanda, Svizzera e Olanda. Si registra un cambio rispetto all'anno scorso, quando a guidare la classifica era la Norvegia.
L'Italia passa dal 48 al 47esimo posto, mentre perdono quattro posizioni gli Stati Uniti: dal 14 al 18esimo posto per via di obesità, depressione e droga. La prima nazione non europea in classifica è il Canada: al settimo posto. Lo Stato più infelice è il Burundi, ma anche in Ruanda, Yemen, Tanzania, Sud Sudan e Repubblica Centrafricana si vive peggio che in Siria.
L'analisi non si limita a misurare i generici fattori di benessere di 156 Paesi del mondo (reddito, salute, istruzione, lavoro, aspettative di vita, stato sociale) ma anche quelli relativi alla corruzione, alla libertà, alla fiducia nelle istituzioni e all'inclusione misurando, per la prima volta, pure la felicità degli immigrati che sembra coincidere con quella del resto della popolazione.
La Finlandia ha un pil pro capite più basso rispetto a quello degli altri Paesi nordici ed anche degli Stati Uniti, ma viene considerato un Paese stabile, sicuro e ben governato. “I finlandesi sono bravi a convertire ricchezza in benessere. Nei Paesi nordici si pagano le tasse più alte del mondo ma c'è molto consenso nel pagarle – ha spiegato Meik Wiking dell'Happiness Research Institute in Danimarca – perchè vengono percepite come un investimento nella qualità della vita di tutti”.
L'Italia, pur avendo conquistato una posizione in un anno, mantiene un livello inferiore rispetto a quelli medi precedenti agli anni della crisi economica (2008-2010). Negli Stati Uniti la ricchezza sembra inversamente proporzionale alla felicità, come dimostrano l'incidenza di obesità, l'epidemia degli oppioidi e la depressione. Dall'analisi emerge inoltre la percezione di una maggiore corruzione, a livello pubblico e privato e perdita di fiducia nelle istituzioni.