Pregare fa bene allo spirito, ma anche al corpo. Lo conferma Kirk Bingaman, pastore presbiteriano, docente di Pastoral care and counseling alla Fordham University di New York, intervendo a un convegno a Padova organizzato dalla Facoltà teologica del Triveneto. “Possiamo letteralmente modificare in meglio il funzionamento e la connettività del cervello – ha spiegato -, attraverso pratiche contemplative-spirituali che rafforzano le regioni neurali associate alla salute e al benessere, mentre acquietiamo quelle associate a stress e ansia”.
Nel corso del convegno, intitolato “Conoscere se stessi. Identità e finalità del pastoral counseling”, il professore ha aggiunto, come riporta l'AgenSir: “La neuroscienza contemplativa ci insegna che il modo fondamentale per calmare la regione dello stress nel cervello è la pratica contemplativa-meditativa regolare, se non quotidiana”. Una conclusione spiegata dal docente: “I neuroni che si attivano assieme iniziano a collegarsi con maggiore energia, cosicché, nella regolare pratica della preghiera contemplativa, noi rafforziamo i circuiti neurali associati a salute e benessere, acquietando i circuiti associati ad ansia e paura”.
La conseguenza è benefica. “Una regolare pratica contemplativa-meditativa ripristina, allenandole, le vecchie abitudini della mente, sfruttando la plasticità dei collegamenti cerebrali, creandone di nuovi, rafforzandone di vecchi, e indebolendone altri, tra cui quelli associati alla vigilanza”. Le ricadute, secondo Bingaman, si avvertono anche nei rapporti sociali. “Con il tempo costruiamo una maggiore finestra di tolleranza; siamo più in grado di mantenere stabilità ed equilibrio di fronte ai fattori di stress che prima ci avrebbero destabilizzato – ha concluso -. Questo suggerisce che lo scopo della pratica contemplativa spirituale, diversamente da quanto suggeriscono alcuni, non è una fuga nell’auto-indulgenza o lontano dalla ‘vita vera’. Piuttosto, rafforza la nostra capacità di autocura e di prenderci cura dei nostri rapporti personali e professionali: sviluppiamo un maggiore impegno relazionale con la pienezza della vita”.