Brancaccio non è un quartiere di periferia, per quanto il suo aspetto possa portare a pensarlo. Brancaccio poggia a ridosso del centro di Palermo ma è una periferia esistenziale, un luogo a metà fra il cuore pulsante del capoluogo siciliano e la parte sud-orientale della città che scende verso il mare. Lì, per anni, don Pino Puglisi ha svolto la sua pastorale fra i giovani palermitani, nati e cresciuti in un contesto dove il degrado sociale ha favorito l'insinuarsi della criminalità organizzata, rendendo Brancaccio quasi un sinonimo della parola mafia. Ma non c'è solo questo a Brancaccio: c'è gente che lotta, chi cerca di porre un freno alla “paranza” dei bambini per offrire loro una possibilità di crescita attraverso l'educazione, altri che offrono aiuto alle loro famiglie, così da far capire loro che esiste anche un'altra via d'uscita dal disagio esistenziale oltre all'affidamento al giogo della criminalità. Il beato don Pino faceva tutto questo: la parrocchia di San Gaetano era il centro della Brancaccio che mirava alla riedificazione del quartiere attraverso un volto di solidarietà e accoglienza, di legalità e amore verso il prossimo.
Un martire
Oggi, ventisei anni fa, don Puglisi veniva ucciso, nel giorno del suo compleanno. Un piazzale come tanti quello dove fu assassinato, in una via laterale, dove le macchine posteggiano e dove oggi sorge la Fondazione che porta il suo nome. In centinaia hanno ricordato il coraggioso sacerdote, ucciso per aver offerto ai piccoli di Brancaccio una parola alternativa a quella della violenza e alle loro famiglie una ragione per credere nella legalità attraverso la parola di Cristo: “Don Pino Puglisi, martire della Chiesa – ha detto il presidente del Senato, Elisabetta Casellati -, è stato un simbolo della lotta per dimostrare che anche nei territori più difficili, nei quartieri più a rischio, nelle strade più esposte, un’alternativa alla mafia, alla connivenza e alla rassegnazione c’è sempre. Ed è quella della libertà e della legalità”.
La libertà della parola
Oggi Brancaccio è il luogo dove è vissuto un martire, un quartiere dove il Centro Padre Nostro, da lui fondato, continua a svolgere il proprio operato a sostegno dei bambini e di tutti gli abitanti del quartiere che credono in un futuro libero dai tentacoli della criminalità organizzata. A Brancaccio c'è ancora tanto da fare, per portare a quei bambini cresciuti all'ombra di un'educazione deviata a scoprire che la realtà delle cose è molto più varia e accogliente di quanto abbiano mai potuto immaginare. E, soprattutto, che il sogno di don Puglisi era per loro, per spingerli a prendere in mano il loro futuro attraverso l'istruzione e l'impegno civile: “La lezione più importante che Padre Puglisi ci ha lasciato – ha detto ancora Casellati – è che le organizzazioni criminali temono la parola, il dialogo, la cultura, più di ogni cosa. Sono queste le armi più potenti ed efficaci che le istituzioni e la società civile hanno in mano per sradicare definitivamente le mafie dal nostro Paese”.