Immaginiamo che i sistemi economici siano come gli esseri viventi: questi si nutrono di sostanze che vengono elaborate e utilizzate, per poi essere reimmesse nel ciclo biologico, sostanzialmente, rigenerandosi. Anche il sistema economico, quindi può essere pensato come capace di rigenerarsi da solo. È da questa idea che prende piede il concetto di “economia circolare”, un nuovo modello in contrasto con il tradizionale modello economico “lineare” incentrato sugli imperativi “estrai, produci, usa e getta” e che, pur avendo consentito un progresso accelerato del benessere di una gran parte dell’umanità, si sta oggi rivelando insostenibile sotto il triplice profilo ambientale, sociale ed economico. D’altra parte, l’approccio dell’economia circolare, non è solo ambientale o etico, ossia non mira esclusivamente alla riduzione delle emissioni e alla preservazione del nostro pianeta, offre anche delle concrete opportunità per l’innovazione e le sinergie tra i vari attori della produzione e sviluppo: centri di ricerca, università, imprese. Ne abbiamo parlato con un esperto, Filippo Romeo, analista della piattaforma internazionale Vision & Global Trends, il quale sottolinea che “secondo l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (Ilo), l’effetto delle 'industrie verdi' darebbe un guadagno netto in termini di occupazione, soprattutto a livello regionale e locale, dal momento che le attività di riciclo opera a livello micro”. Domani al Palazzo della Cancelleria, a Roma, alle 18.15, su iniziativa dell'Associazione Polikós, si parlerà di “Economia circolare, la sfida dello sviluppo sostenibile” con una serie di esperti tra cui proprio Filippo Romeo. Abbiamo inoltre chiesto un parere anche a Paolo Balistreri, biologo marino.
Filippo Romeo
Chi può mettere in pratica l’economia circolare e in che modo?
“L’attuazione del modello di economia circolare implica, ad ogni latitudine, interventi governativi di promozione e sostegno tra cui fissazione di standard ambientali rigidi, tassazione ridotta, sussidi ed incentivi finanziari di lungo termine. A livello europeo, ad aprile del 2018 è stato approvato un pacchetto di misure sulla gestione dei rifiuti urbani domestici e commerciali che dovrà poi essere adottata dai Paesi membri dell’Ue entro due anni, in base alla quale almeno il 55% dei rifiuti dovrà essere riciclato. Sembrerà strano, ma anche la Cina ha assunto l’economia circolare come modello economico nazionale. Il governo cinese ha infatti introdotto nel 2002 l’idea di economia circolare come politica di sviluppo capace di alleviare il contrasto tra sviluppo economico e carenza di risorse naturali ed energetiche. Nell’ultimo decennio di esperienza cinese, il risultato è stato significativo nell’incremento di produttività ed efficienza nell’utilizzo delle risorse disponibili, nella fase di produzione e in quella di di consumo. Da segnalare che l’Italia all’interno di questo nuovo paradigma economico risulta tra a i Paesi più avanzati a livello europeo con la maggiore quota di materia circolare (materia prima seconda) impiegata dal sistema produttivo”.
Qual è il fine dell’economia circolare? Che cosa comporta per l’ambiente?
“L’economia circolare è un modello economico che si fonda su concetti quali condivisione, locazione, ristrutturazione, riuso e riciclo. Il fine è quello di generare un ciclo continuo chiuso che poggi su tre fondamentali pilastri, le famose '3R': Riduzione, Riuso e Riciclo. Tra i principali obiettivi dell'economia circolare rientrano infatti l'estensione della vita dei prodotti, la produzione di beni di lunga durata, le attività di ricondizionamento e la riduzione della produzione di rifiuti. In altre parole, l’ottenimento della massima utilità dalle risorse utilizzate ottimizzando il valore delle materie prime e di scarto (urbano e industriale), promuovendo l’efficienza e riducendo al minimo lo spreco. Il nuovo paradigma circolare potrebbe rappresentare un fondamentale contributo per l’ambiente dal momento che, oltre a contribuire al riutilizzo delle materie prime, andrebbe a ridurre l’inquinamento atmosferico e i rifiuti”.
Quale sarà il destino della terra se non si corre ai ripari con atteggiamenti più responsabili nei confronti dell’ambiente?
“Al vertice di Parigi del 2015 gli scienziati sono stati abbastanza espliciti nell’illustrare alla comunità internazionale quali potrebbero essere le conseguenze di una perdurante irresponsabilità in tema di tutela ambientale. Il documento presentato alla Cop 21 avverte, infatti, che entro fine secolo le temperature potrebbero raggiungere quattro gradi centigradi in più rispetto ai livelli del periodo preindustriale se l’aumento delle temperature attuali dovesse proseguire con questa frequenza. Un livello che, se si dovesse realmente raggiungere, provocherebbe degli stravolgimenti di ampia portata tra cui l’aumento del livello del mare, il cambiamento del clima in intere regioni, il mutamento delle condizioni dell’agricoltura e il rischio di diffusione di pandemie di origine tropicale”.
Paolo Balistreri
A proposito di mari, abbiamo chiesto al biologo marino Paolo Balistreri: l’economia circolare in che modo impatta con l’ambiente marino?
“L’economia circolare nell’ambiente marino a mio avviso può essere applicata semplicemente utilizzando ad esempio le risorse alieutiche (pesci, molluschi, ecc) in modo sostenibile. Facilitando quindi la resilienza delle specie del pescato, si può garantire che gli organismi interessati dall’attività di pesca/prelievo possano svolgere il loro ciclo vitale con una pressione da parte dei pescatori in modo mirato. Più logica basata sulle conoscenze della biologia delle specie target viene usata, più si ha garanzia che la biodiversità marina non venga messa a serio repentaglio, quindi il pescatore non avrà ripercussioni sulle sue attività. Altro esempio può venire da una tematica attuale quale quella dei rifiuti. Gli oggetti che vengono riconosciuti come rifiuti, entrano facilmente “in circolo” nell’ambiente. Riutilizzare, aggiustare e rinnovare dovrebbe essere il nuovo mantra. Da queste attività si può sviluppare un’economia circolare che mitiga sicuramente il possibile impatto ambientale. Ad oggi è ben noto alle cronache l’impatto della plastica nell’ambiente marino”.
Che impatto ha l’inquinamento da materiali plastici nel Mediterraneo? Che cosa stiamo rischiando?
“Un esemplare di verdesca è stato osservato con un 'anello' di plastica che ne ha addirittura modificato le carni a testimonianza di questo strano rapporto che ha portato lo squalo ad essere imprigionato da questo legame. Esempio classico sono le tartarughe marine imbrigliate nella plastica o che addirittura muoiono per l’ingestione di pezzetti di plastica. Notizia recente è la morte di un capodoglio dopo l’ingestione di 6 chili di plastica. Stiamo rischiando di assumere sempre più molecole velenose derivate dalla plastica ingerita a monte dagli organismi di cui ci nutriamo. Purtroppo non sono neanche sicuro che con le diverse notizie che girano, sarà facile eradicare le brutte abitudini che ci legano all’ambiente circostante, come quella di gettare rifiuti in ogni dove non pensando al futuro. Pensare al futuro significa prendersi cura di noi stessi e di chi amiamo e quindi anche dell’ambiente interessato da organismi che apparentemente non sembrano essere connessi alle nostre vite”.
È impegnativo praticare l’economia circolare?
“L’economia circolare si crea in automatico quando si pensa nell’ottica della sostenibilità. Il problema è che, come detto in precedenza, è un sistema che cozza con le cattive abitudini di noi tutti, ma credo che nel momento in cui l’uomo vedrà un effetto positivo sui propri danari, inizierà più spesso a pensare a tematiche come l’economia circolare ed al binomio che un beneficio ecologico porta ad un beneficio economico: fondamento di enti e istituzioni come le aree marine protette”.
Ci sono già delle leggi nel nostro Paese che impongono il riuso dei materiali?
“Già dal 1997 si pensa al riutilizzo dei materiali. Oltre al riutilizzo, ad oggi il ministro dell'Ambiente, Sergio Costa, ha annunciato che saremo sempre più plastic free. Penso che nel contesto della plastica, togliere dalla circolazione quella monouso sia molto importante, tanto quanto il riuso di quegli elementi in plastica che lo permettono”.