“Abbiamo chiesto uno studio per sapere perché la violenza è diventata la prima risposta del cittadino quando ha una difficoltà, e perché questa violenza è così estrema. Occorre analizzare per comprendere. Conto sul contributo dei Prefetti e della polizia”. E’ l’annuncio fatto dal Ministro dell’Interno della Costa d’Avorio, Hamed Bakayoko, dopo gli ultimi incidenti verificatisi tra la popolazione e le forze dell’ordine a Doropo, nel Nord-Est, e a Yamoussoukro, la capitale politica e amministrativa del Paese. “Non potremo mai accettare che ci sia una mancanza di autorità, perché se l’autorità fugge, tutto sfugge di mano” ha sottolineato il Ministro.
Nei due episodi ricordati dal ministro Bakayoko, 5 giovani (uno a Yamoussoukro e altri 4 nel villaggio di Doropo) sono morti dopo una retata effettuata dalle forse dell’ordine ivoriane. La Costa d’Avorio ha vissuto per un decennio (dal 2002 al 2011) una lunga crisi politica e militare con molte zone del Paese in mano ai gruppi ribelli. La guerra civile si concluse solo con il bombardamento del Palazzo Presidenziale da parte delle truppe francesi e dell’Onu e con l’arresto dell’ex Presidente Laurent Gbagbo, ma molti civili sono ancora in possesso delle armi degli ex guerriglieri.
In merito, lo scorso 22 maggio, i Vescovi ivoriani avevano chiesto al governo – presieduto da Alassane Dramane Ouattara, soprannominato “Ado” – la liberazione dei prigionieri della guerra civile al fine di avviare una reale riconciliazione nazionale. “La riconciliazione esige la liberazione dei prigioni del conflitto avvenuto nel Paese, soprattutto dal momento che, da questo punto di vista, nessuno può dirsi innocente” aveva affermato Mons. Ignace Bessi Dogbo, Vescovo di Katiola, durante il pellegrinaggio nazionale tenutosi nel quadro del Giubileo della Misericordia.