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Congo-Kinshasa, “Msf” lancia l’allarme colera nel Sud Kivu: “Epidemia in fase di propagazione”

Un’epidemia di colera gravissima, quella in atto nel Sud Kivu, nella Repubblica democratica del Congo che, secondo i volontari di “Medici senza frontiere”, corre il rischio di sfociare in una diffusione senza controllo. L’allarme dei sanitari della ong, operanti nella zona colpita dal morbo epidemico, giunge da città come Minova, Bukavu, Bulengo, Numbi, Sebele, Nyange e Baraka dove, stando a quanto riferito in un comunicato, il rischio di propagazione è elevatissimo, “soprattutto in grandi città come Minova e Bukavu”. Ciò che è necessario, dunque, è un’azione rapida e mirata al contenimento della diffusione dell’epidemia che, in zone particolarmente soggette a condizioni di povertà, potrebbe essere ben più rapida di quanto non ci si aspetti.

Colera, tratta 1200 persone

Attualmente, secondo quanto specificato ancora da “Msf”, sono quattro i centri attivi sul posto per il trattamento del colera. In tali ambulatori si lavora a pieno ritmo, cercando di fornire assistenza medico-sanitaria a coloro che hanno contratto la malattia, cominciando dai soggetti più deboli. Negli ultimi giorni, l’ong ha incrementato il numero di posti letto a disposizione, proprio in virtù dell’aumento considerevole dei casi dovuti al contagio. Ma l’allarme stenta a rientrare: al momento, sono più di 1.200 le persone che avevano contratto il colera e che sono state trattate da “Msf” nei diversi centri. Considerando solo i dati più recenti, vi sono 70 persone trattate a Minova, 67 a Bukavu, 18 a Bulengo e 22 a Baraka.

Acqua non potabile a Baraka

Uno dei problemi maggiori, riscontrato proprio nella città di Baraka (situata sulle rive del Lago Tanganica, al confine orientale della Repubblica democratica del Congo e che conta quasi 9 mila abitanti), è dovuto alla mancanza di acqua potabile: per tentare di arginare il problema, “Msf” ha provveduto a installare nove punti di clorazione per disinfettare l’acqua. Inoltre, sono stati donati materiali ai centri di Kabeya, Ruzizi e Uvira: come specificato nel comunicato dell’ong, personale specializzato è stato assegnato ai presidi medici locali, proprio in ottica di un propagarsi incontrollato della malattia. Almeno per ora, però, le precauzioni messe in atto dall’organizzazione non si sono rivelate sufficienti: “Le persone hanno bisogno di bere acqua potabile – ha spiegato il capomissione Francisco Otero y Villar – e i centri sanitari devono essere dotati dei materiali essenziali per trattare tutti i malati il ​​più rapidamente possibile”. Questo perché, durante la stagione secca, gli abitanti tendono a rifornirsi d’acqua da fonti come laghi e fiumi contaminati: da qui, un altro mezzo di diffusione del colera.

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