La Cina al Sinodo dei vescovi. Testimonianze dell’episcopato

Cina

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Dalla Cina al Sinodo dei vescovi. L’agenzia missionaria vaticana Fides delinea i profili personali dei due presuli della Cina continentale che saranno presenti al Sinodo del prossimo ottobre. Nella lista dei vescovi che prenderanno parte su nomina pontificia alla prossima Assemblea del Sinodo dei vescovi figurano anche i nomi di Vincenzo Zhan Silu e di Giuseppe Yang Yongquiang. Insieme ai due presuli della Cina Continentale, prenderanno parte all’Assemblea sinodale di ottobre anche il cardinale gesuita Stephen Chow Sau yan, vescovo di Hongkong, e Norbert Pu, vescovo di Kiayi (Taiwan). Già nell’ottobre 2018 e poi nel nell’ottobre 2023 due Vescovi della Repubblica Popolare Cinese hanno partecipato a Roma alle Assemblee del Sinodo dei vescovi. Nei decenni precedenti, prima dell’Accordo provvisorio tra governo cinese e Santa Sede sulle nomine dei Vescovi cinesi (firmato il 22 settembre 2018), nessun presule proveniente dalla Cina continentale aveva potuto prender parte al Concilio Vaticano II e alle Assemblee generali del Sinodo dei vescovi.

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Dalla Cina al Sinodo

Come membri di nomina pontificia, i due vescovi parteciperanno a tutti i lavori. E cioè circoli minori, assemblee, momenti comunitari e di preghiera. Monsignor Vincenzo Zhan Silu è vescovo della diocesi di Funing (Mindong per il governo cinese) della provincia costiera di Fujian. La legittimazione canonica dell’esercizio dell’ufficio episcopale da parte di Vincenzo Khan Silu avviene l’8 settembre 2018, nel quadro delle trattative e delle disposizioni connesse alla firma dell’Accordo provvisorio sulle nomine dei vescovi cinesi (22 settembre 2018): “Al fine di sostenere l’annuncio del Vangelo in Cina”, sottolinea la “Nota informativa sulla Chiesa cattolica in Cina” diffusa dalla Santa Sede il giorno stesso della firma dell’Accordo. Il profilo personale di Vincenzo Zhan Silu è segnato da una forte propensione al lavoro intellettuale che si è espressa anche nella pubblicazione di opere poetiche, di saggi teologici e di ammaestramento spirituale. Il vescovo Giuseppe Yang Yongqiang prenderà parte per nomina pontificia all’Assemblea del Sinodo dei Vescovi del prossimo ottobre. E aveva già partecipato alla precedente Assemblea sinodale dell’ottobre 2023, insieme a un altro vescovo della Cina continentale, Antonio Yao Shen. Nella diocesi di Hanghzou vivono 30mila cattolici. La sede episcopale, prima dell’insediamento del vescovo Yang, era vacante. Monsignor Luis Marín de San Martín, sottosegretario della Segreteria generale del Sinodo ha confermato la presenza dei due presuli della Repubblica Popolare cinese. Uno della Regione Autonoma della Mongolia Interna e l’altro della provincia dello Shandong.

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Segno forte

“La Chiesa locale, di intesa con le autorità, ha presentato i due nomi e il Papa li ha nominati. Sono due partecipanti di nomina pontificia”, ha precisato monsignor Luis Marín de San Martín. “Non è la prima volta che due vescovi della Cina partecipano ai lavori del Sinodo – spiega  Salvatore Cernuzio (Vatican News)-. Già nel 2018, in occasione del Sinodo dei giovani, erano presenti monsignor Giovanni Battista Yang Xiaoting, vescovo di Yan’ An (Shaanxi), e monsignor Giuseppe Guo Jincai, vescovo di Chengde (Hebei). Non avevano partecipato a tutte le sessioni dell’assise ma la loro presenza, anche se solo per alcuni giorni, era stata un forte segnale che seguiva alla firma dell’Accordo Cina-Santa Sede per le nomine dei vescovi”. Una novità per cui Papa Francesco non aveva trattenuto la propria commozione, durante la Messa di apertura del Sinodo in Piazza San Pietro: “Oggi, per la prima volta, sono qui con noi anche due confratelli vescovi dalla Cina Continentale. Diamo loro il nostro caloroso benvenuto”, diceva il Papa, interrotto dalle lacrime. Al Sinodo sulla sinodalità, oltre ai presuli Shun e Yongqiang, ci sarà anche monsignor Stephen Chow, vescovo di Hong Kong, che riceverà la berretta rossa nel concistoro del 30 settembre. La loro presenza è segno dell’universalità della Chiesa che è carattere distintivo di ogni Sinodo.

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Dal Concilio al Sinodo

Il Sinodo dei Vescovi prosegue il dialogo con la modernità avviato dalla Chiesa al Concilio Vaticano II. Un aspetto concreto della riforma conciliare è emerso in modo preminente in occasione del Sinodo straordinario sulla famiglia. Si tratta dello strumento del Sinodo stesso, organismo creato già da Paolo VI nel 1965, allo scopo di mantenere viva l’esperienza virtuosa della sinodalità, propria del Concilio. Ma mai compiutamente sviluppato nelle sue potenzialità. Fino all’arrivo di Francesco sul Soglio di Pietro. È un’impresa per nulla semplice, quella di riuscire a con centrare elementi specifici riguardanti il Concilio nel lungo pontificato di Giovanni Paolo II e nella lunga attività di addetto ai lavori prima, e di pontefice poi, di papa Benedetto. Riguardo Joseph Ratzinger è ancora vivo il ricordo proprio del l’incontro con il clero di Roma che lui stesso, il papa teologo, definì una chiacchierata. Tutti i contenuti del Concilio sono presenti nel suo magistero. Tuttavia, nel racconto emerso in quell’incontro, l’umile servo nella vigna del Signore ha voluto spiegare il suo pontificato alla luce del Concilio. La lezione appresa al Vaticano II è indispensabile per poter servire la Chiesa. Ed è l’attrezzo da usare per poter camminare come popolo di Dio. Secondo papa Benedetto per attuare un rinnovamento e realizzare le aspettative e le attese del mondo, nessuna efficienza e nessun entusiasmo possono prescindere da un principio teologico e da uno empirico. La regola benedettina del “Operi Dei nihil praeponatur”, non si anteponga nulla all’opera di Dio, la necessità di darsi un metodo, conoscere ciò che si vuole cambiare.

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Forza spirituale

Da lì è scaturita l’indizione dell’Anno della Fede. Dalla convinzione secondo cui la Verità, sebbene contrastata dal virtuale, da ciò che domina, è destinata sempre ad affermarsi con tutta la sua forza spirituale ed è la vera riforma, il vero rinnovamento della Chiesa. “Purtroppo il Concilio dei giornalisti, co me Benedetto XVI ha chiamato la difficoltà che il Concilio ha avuto a concretizzarsi e a realizzarsi, per molto tempo ha dominato la scena su quel momento di grazia, con glosse e commenti marginali o fuorvianti – spiega il missionario scalabriniano don Gaetano Saracino-. Giovanni Paolo II, in quasi ventotto anni di pontificato, in vece, è stato colui che ha rilanciato i contenuti del Concilio fedele e riconoscente alla grande grazia di cui la Chiesa ha beneficiato nel secolo XX. Se il Concilio aveva instradato tutta la Chiesa verso uno storico itinerario di rinnovamento pastorale, era logico domandarsi in che modo bisognava proseguire per dargli compimento. Anche nel papa venuto da lontano si affermano due necessità conciliari. E cioè la continua ed esplicita ricerca di una sintonia con il Concilio stesso e la costante attenzione al rischio di una riorganizzazione dell’ordine temporale a prescindere da Dio. Tutto il magistero e le scelte concrete operate nel suo pontificato rivolgono costantemente la sollecitudine della Chiesa a faccende materiali e sociali della vita umana. Illuminati da quella esclamazione incoraggiante e piena di fede e speranza, all’inizio del suo pontificato: ‘Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo! Alla sua salvatrice potestà aprite i confini degli stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo. Non abbiate paura! Cristo sa cosa è dentro l’uomo. Solo lui lo sa’”.

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Il Sinodo di Francesco

In relazione al Concilio, Francesco (fautore della centralità del Sinodo) si presenta come il papa dell’appello all’unità nella Chiesa e della Chiesa nel mondo all’insegna di una lettura più implicita ma del tutto in confondibile e per nulla minimizzabile del Concilio. Se Giovanni Paolo II fu l’ultimo papa padre conciliare e Benedetto XVI l’ultimo papa membro del Concilio in qualità di perito, papa Francesco, ordinato sacerdote dopo la fine del Concilio, è il papa della memoria conciliare e avverte il compito di accompagnare la Chiesa su questo sentiero. Compito per nulla facile. “La lezione conciliare in Francesco emerge innanzitutto nel modo in cui ne parla. Con uno stile più episcopale che dottrinale – evidenzia don Saracino- Nella sua predicazione il Concilio non è mai un oggetto di controversia teologica ma è una delle condizioni di esistenza della Chiesa contemporanea. Senza bisogno di sottili distinguo ermeneutici a beneficio di una platea di addetti ai lavori, dove ognuno rivendica la sua parte, tra cui tanti tradizionalisti. C’è una redistribuzione, per così dire, del mistero della Chiesa che è davvero a beneficio di tutti. L’opera della misericordia ha proprio questo scopo: riportare dentro tutti“.

Giacomo Galeazzi: