Il Vescovo di Temuco, Sua Ecc. Mons. Hector Vargas, ha parlato con alcuni giornalisti locali sul suo ruolo nei colloqui iniziati lo scorso 7 luglio tra il governo cileno e i Mapuche, il popolo amerindo originario del Cile centrale e meridionale dedito all’agricoltura. La Federazione degli studenti Mapuche ha respinto il fatto che la Chiesa cattolica figuri come organizzatrice di questi accordi, in quanto la ritengono una “mancanza di rispetto”. In merito, mons. Temuco ha risposto che se si trova qualcuno più valido di lui, non avrà problemi a dimettersi, perché significherebbe “sollevarsi di un grande peso”.
Riguardo alla metodologia dei colloqui, Mons. Vargas ha informato che “ci saranno incontri ogni 15 giorni per 6 mesi, durante i quali si spera di individuare le principali cause e problemi relativi alla violenza rurale e di favorire la creazione di leggi in materia per risolvere questa situazione”. Gli imprenditori della regione, che partecipano anche loro ai colloqui, hanno chiesto a quanti hanno criticato la partecipazione della Chiesa cattolica di riflettere e, prima di criticare, a partecipare ai colloqui che sono aperti a tutti.
Al primo tavolo di dialogo con i Mapuche – organizzato dal governo cileno per affrontare il conflitto nella zona rurale dei Mapuche nel secondo mandato della presidente Michelle Bachelet – partecipano, oltre ai leader Mapuche, anche agricoltori e accademici, come il Premio Nazionale di Storia, Jorge Pinto, e le guardie forestali locali.
La preoccupazione della Chiesa per la situazione del popolo Mapuche è stata sempre in primo piano. Nel dicembre 2015 Mons. Vargas aveva detto: “In Araucania c’è una situazione complessa. Da un lato esiste un debito storico con il popolo Mapuche. Dall’altro, atti di violenza aumentano e si diffondono, con tutti i problemi che questo comporta. Solo nella diocesi di Temuco, le attività pastorali raggiungono un migliaio di comunità Mapuche. E questo lavoro significa anche valorizzare la dignità, la cultura e i diritti del popolo Mapuche, promuovendo istituzioni che migliorino la loro qualità di vita, come la formazione di micro-imprese e aumentando la produttività della loro terra”.
Nell’Araucania Cilena, al confine con l’Argentina, il cosiddetto “conflitto Mapuche” contrappone dagli anni ‘90 il più grande e importante gruppo etnico del paese agli agricoltori e agli imprenditori a causa della proprietà delle terre, considerate dai Mapuche “patrimonio ancestrale”. Nelle ultime settimane ci sono stati diversi episodi di violenti scontri fra indigeni mapuche e membri di alcune comunità di agricoltori della zona che hanno innescato una escalation di violenza preoccupante alla quale la Chiesa locale tenta di posse un limite.