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Chi lotta per la vita, lotta per il futuro

L’uomo che ho davanti a me – Carlo Casini – è una leggenda per tutti coloro che difendono la vita. Già parlamentare italiano ed europeo, magistrato, fondatore del Movimento per la Vita e attualmente Presidente onorario del Movimento per la Vita e della Federazione europea “Uno di noi per la vita e la dignità dell’uomo”; autore di moltissime pubblicazioni in tema di inizio e fine vita, diritto alla vita, diritti umani, obiezione di coscienza, famiglia adozione, biopolitica. Voleva ricordare quarant’anni d’impegno constante pubblicando un libro scritto a quattro mani con sua figlia, Marina, con un titolo significativo: “40 anni per il futuro”.  Ho cominciato la nostra conversazione con Carlo Casini ricordando il titolo del suo libro.

 

Quest’anno ricorre il quarantesimo anniversario della legge che ha legalizzato l’aborto in Italia (legge n. 194 del 22 maggio 1978). E Lei ha voluto ricordare questo fatto scrivendo un libro con un titolo che parla del futuro. Come mai questa scelta?
“Il quarantennio alle nostre spalle è veramente triste se consideriamo il numero dei bambini non ancora nati uccisi con l’autorizzazione dello Stato, per volontà della loro madre, ad opera del servizio sanitario nazionale: quasi sei milioni. La tristezza aumenta se pensiamo ai tentativi falliti di evitare l’approvazione della legge 194 (proponemmo addirittura una proposta di legge alternativa di iniziativa popolare) e di abrogarla proponendo il referendum svoltosi nel 1981. Inoltre, in questi 40 anni la congiura contro la vita si è irrobustita anche per l’apporto di potenti organismi internazionali al punto che oggi si pretende la proclamazione di un diritto all’aborto quale diritto umano fondamentale. Tuttavia chi concentra lo sguardo sul figlio concepito intuisce che il riconoscimento della sua piena umanità è la prima pietra di un nuovo umanesimo, scopre la verità dei diritti umani proclamarti come condizione della libertà, della giustizia e della pace, scopre il significato della dignità umana quale bussola orientatrice nel cammino verso una società della verità e dell’amore. La questione è epocale e planetaria, cosicché la sua soluzione richiede tempi lunghi. Non possiamo rassegnarci e dobbiamo guardare al futuro continuando a lavorare con fiducia e con tenacia operosa. Ci consola il fatto che i nostri centri di aiuto alla vita abbiano contribuito a far nascere oltre 200 mila bambini le cui madri hanno così ritrovato l’entusiasmo della loro giovinezza e ci ringraziano. Abbiamo potuto documentare questo risultato dal quale emergono le linee orientatrici per il cammino futuro”.

Parliamo della storia: prima ancora dell’introduzione della legge sull’aborto nacquero in Italia i Centri di aiuto alla Vita. Qual era il loro ruolo?
“Nel 1975 l’aborto volontario in Italia era ancora reato. Nel gennaio di quell’anno fu scoperta a Firenze quella che poi è passata alla storia con il nome d clinica degli aborti, gestita dal Partito radicale dove confluivano ogni anno 30 mila donne da tutta Italia e dove un medico e un rappresentante di medicinali effettuavano gli aborti in un numero di 30-40 al giorno. I radicali si difesero sostenendo che la loro organizzazione serviva a dare un aiuto alle donne e che il danaro che essi ricevevano era soltanto un prezzo politico. La risposta della società fiorentina fu la Costituzione del primo Cav di Italia il cui programma è definito dal motto “Le difficoltà della vita non si superano sopprimendo la vita, ma superando insieme le difficoltà”. L’esempio fiorentino ha moltiplicato in Italia i Cav che oggi sono 350 e che hanno aiutato a nascere oltre 200 mila bambini ottenendo il ringraziamento delle loro mamme. Questi centri non svolgono soltanto un ruolo di assistenza ma anche culturale, perché con i fatti testimoniano che anche i figli prima di nascere sono esseri umani. Quando un bambino già si trova in pericolo di vita, tutta la società si mobilita per salvarlo. La stessa cosa deve avvenire in favore dei bambini non ancora nati. Per questo i Cav sottolineano la specificità del loro impegno non diverso da quello di quanti salvano ogni essere umano a rischio della vita”.

Quarant’anni della legge sull’aborto coincidono con quarant’anni dell’attività del Movimento per la Vita in Italia. Qual è stato il contributo del MpV nella difesa della vita?
“Il Mpv ha impedito che dopo la legge e dopo il referendum perduto nel 1981 la congiura contro la vita ritenesse chiuso il capitolo aborto. Il Mpv ha contribuito a mantenere viva la sensibilità del popolo non solo attraverso i Cav ma anche con azioni culturali che spesso sono tradotte in proposte legislative che talora hanno suscitato dibattiti sui media ed anche in Parlamento. Il Mpv ha anche moltiplicato la presenza del tema della vita costruendo l’unità tra i vari movimenti e associazioni cattoliche e contribuendo alla nascita del Forum delle Famiglie, dell’Associazione Scienza e Vita, del Forum degli operatori sanitari di ispirazione cristiana”.

La grande credibilità del Movimento per la Vita si basa sul fatto che, nella sua lotta contro l'aborto, non ha mai avuto parole di condanna per le donne che abortiscono, oltre che nel difendere la vita non soltanto “teoricamente” ma praticamente, aiutando migliaia di donne a far nascere i loro figli e mantenerli. Che tipo di testimonianza bisogna dare per rendere credibile la difesa della vita?
“La condizione dell’uomo prima di nascere è particolare e irripetibile. Di fatto la sua più grande difesa sta nella mente e nel cuore della madre. E' molto difficile salvare una vita nascente senza la collaborazione della madre. Perciò bisogna risvegliare nelle donne l’innato coraggio di accogliere i figli; ma il coraggio non può essere immotivato. La ragione vera di esso è il riconoscimento del figlio come essere umano. Purtroppo, la congiura contro la vita insiste molto nel qualificare il concepito come un 'grumo di cellule' o un tessuto analogo a un capello, a un’unghia o a un pezzetto di pelle. Quando questo convincimento penetra nel cuore e nella mente della donna è difficile che ella possa resistere alla deriva verso l’aborto se la gravidanza non è desiderata o se presenta difficoltà. Perciò, bisogna convincere le madri che il figlio è un bambino fin da quando cresce nel suo seno e per convincerle non bastano le parole, ma ci vuole un atteggiamento di amicizia, di affetto e di condivisione. Ce lo ha insegnato San Giovanni Paolo II quando, nella preghiera finale dell’Ev rivolta a Maria, Aurora del mondo nuovo, le chiede che i cristiani sappiano annunciare il Vangelo della vita con franchezza e amore”.

Lei ha difeso la vita anche come parlamentare nel Parlamento Europeo per 5 legislature. Come valuta l’evoluzione della situazione in Europa negli ultimi decenni riguardante il rispetto della vita?
“Nel Parlamento Europeo la situazione purtroppo è peggiorata. Purtroppo tutti i Paesi membri hanno legalizzato l’aborto; l’ultimo è stata l’Irlanda. Nella Polonia vi è ancora una certa resistenza ma il panorama complessivo è oscuro. In passato siamo riusciti a riportare alcune importanti vittorie: nel 1989 sono state approvate dal Parlamento due risoluzioni sulla procreazione artificiale e sulla ingegneria genetica che invitavano gli Stati a disciplinare la materia riconoscendo il diritto alla vita del concepito. Purtroppo gli Stati non hanno seguito questa indicazione. Nel 1992 il Parlamento respinse una risoluzione che voleva legittimare l’eutanasia; nel 1998 fu approvata la direttiva sulle biotecnologie che vieta la brevettabilità delle invenzioni che suppongono la distruzione di embrioni umani. Tuttavia oggi le pressioni internazionali e la cultura dei singoli Paesi membri dell’Unione determinano nel Parlamento Europeo un insuperabile atteggiamento di favore verso l’aborto e verso la distruzione di embrioni umani nell’ambito della procreazione medicalmente assistita. Io chiamo questa situazione 'inquietudine dell’Europa', perché in realtà l’Europa né nel Parlamento né nei suoi organi giudiziari riesce a negare l’umanità del concepito, ma tuttavia prende decisioni che mantengono la massima libertà riguardo alla distruzione della vita nascente”.

Lei ha lanciato una campagna “Uno di noi”. Perché è così importante riconoscere la dignità del concepito come appunto “uno di noi”?
“In sostanza l’Europa come l’abortismo di tutto il mondo rifiuta di guardare il concepito. Inoltre, l’Unione europea finanzia le organizzazioni internazionali (International Planned Parenthood Federation e Marie Stop) che in tutto il mondo propagandano ed eseguono l’aborto, destina somme di denaro per incentivare la ricerca distruttiva sugli embrioni ed eroga ad alcuni Stati del terzo mondo contributi finanziari per effettuare l’aborto. L’iniziativa 'Uno di noi' voleva costringere l’Europa allo sguardo verso il concepito e a restare almeno neutrale rispetto all’uccisione dei bambini prima della nascita. Nonostante che l’iniziativa abbia raccolto quasi due milioni di adesioni in tutti i Paesi d’Europa e sia stata anche la prima in ordine cronologico, la Commissione europea ancora una volta non ha voluto guardare il concepito e ha deciso di non prendere in considerazione l’iniziativa dei cittadini. Purtroppo, anche la Corte di Giustizia in primo grado ha seguito la stessa strada, ma il Comitato organizzatore di 'Uno di noi' ha proposto ricorso alla Grande Camera. Vedremo il risultato. La Polonia è intervenuta nel processo per sostenere le ragioni della campagna. Comunque, l’iniziativa ha generato una Federazione permanente europea denominata 'Uno di noi per la vita e la dignità dell’uomo' che continuerà ad agire affinché la dignità umana, sempre ugualmente grande, sia riconosciuta sin dal concepimento”.

Come bisogna condurre una battaglia culturale in difesa della vita quando tanti Paesi, organizzazioni internazionali e, peggio ancora, le stesse donne trattano l’aborto come “diritto umano”?
“Secondo me dall’esperienza emergono due punti che possono far sperare la vittoria della vita. In primo luogo il riconoscimento del concepito come un essere umano, quindi come un soggetto e non un oggetto, in sostanza come uno di noi. Questa affermazione che è sostenuta dalla scienza moderna e dalla ragione può essere difficilmente contrastata. Perciò, più che chiedere la prigione per le donne che abortiscono bisogna insistere sulla indicazione del concepito come un essere umano di fronte al quale giunge la storia che ha liberato gli schiavi e che afferma l’uguaglianza di tutti gli esseri umani. Come ho già detto il riconoscimento del concepito come uno di noi è la prima pietra di un nuovo umanesimo. Si tratta di comprendere che la solidarietà verso ogni ultimità umana prende forza dalla prima elementare solidarietà, quella verso i figli. In secondo luogo è assurdo che un numero limitato di donne riesca a imporre a tutta la società l’idea dell’aborto come diritto fondamentale. Vi è un numero molto maggiore di donne che nella maternità esprimono coraggio e amore. Esse devono alzarsi in piedi e costruire un nuovo femminismo che faccia tacere quello vecchio”.

Il 40° anniversario dell’introduzione dell’aborto in Italia coincide con il 40° anniversario dell’elezione di Giovanni Paolo II. Qual era il ruolo del Papa nel campo della bioetica e della difesa della vita?
“San Giovanni Paolo II è stato veramente un gigante della vita. In uno dei suoi primi discorsi al personale della Curia promise che non si sarebbe mai stancato di parlare del valore della vita approfittando di qualsiasi incontro e viaggio. Nell’ultimo discorso che egli fece ai rappresentanti di tutti gli Stati del mondo egli indicò le grandi sfide attuali: la pace, il pane, la libertà di coscienza, la vita. Ma – aggiunse – la prima sfida è quella della vita. Quando nel 1981 ci fu il referendum sull’aborto in Italia egli non ebbe alcun timore ad affiancare il Movimento per la Vita e in un discorso alla fine di quell’anno in cui fu colpito dalle pallottole di Ali Agca il 13 maggio, egli disse di considerare la sua lunga successiva sofferenza come un’espiazione per il tradimento del popolo italiano. La sua enciclica Evangelium Vitae resta un documento fondamentale che può essere considerato il più importante evento verificatosi nei 40 anni decorsi dall’approvazione della legge italiana sull’aborto. Io penso che un’attenta rilettura di questa enciclica in ogni comunità cristiana può essere il modo migliore di ricordare il 40° anniversario della legge nella fiducia e nella speranza”.

 

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