Oggi è la Festa del Papà. Eppure non bastano tempeste di zucchero velato dei bignè di San Giuseppe a seppellire la realtà: la nostra è “una società senza padri”. Quella che nell’anno spartiacque 1968 lo psicanalista francese Gerard Mendel ha chiamato “rivolta contro il padre” ha trovato oggi, almeno in Occidente, il suo compimento. E i risultati sono allarmanti. La diagnosi l’ha tracciata il prof. Claudio Risé, psicanalista e saggista di successo, che nel 2013 ha scritto “Il padre – L’assente inaccettabile” (ed. San Paolo) e che da tempo si occupa di questo tema con la voce e con la penna. L’assenza del padre, per Risé, lascia un vuoto incolmabile. Il dilagare di separazioni e divorzi, che si concludono quasi sempre con l’espulsione dei padri da casa e l’indebolimento del loro rapporto con i figli, ha contribuito al fenomeno di eclissi della figura paterna. Ma il processo di svalutazione del padre non abbraccia solo una dimensione individuale, ma anche quella più ampia: sociale. Una società senza padre è una società che rifiuta l’autorità, nonché il senso religioso e dunque la capacità di dare un significato, una traccia ben definita alla propria esistenza. Non stupisce, allora, che insieme alle vetrine in cui fanno bella mostra sfilze di bignè di San Giuseppe, ci siano scaffali di una nota catena di librerie sui quali campeggia – per lanciare una promozione – il fumetto di un figlio sulle spalle di suo padre che dice “Io comunque preferisco la mamma!”. Le bugie, però, hanno le gambe corte: il bisogno del padre è forte come lo è il bisogno di Dio. Ed è per questo che, benché soffocato dall’ideologia, è destinato a riemergere dal profondo del nostro io e a riaffermarsi come un anelito inestinguibile. È questa la tesi, rassicurante, del prof. Risé, che In Terris ha intervistato.
Prof. Risé, partiamo dal nesso tra l’eclissarsi della figura paterna e la secolarizzazione…
“Non solo nelle coscienze, ma nella maggior parte delle culture, il primo padre è Dio, è lui il principio generatore originario, il motore della storia e della vita. Il padre naturale è il suo rappresentante sulla terra. La secolarizzazione, l'espulsione di Dio dalla vita quotidiana, non poteva quindi non indebolirlo. Tuttavia il processo di secolarizzazione – come è noto – è in progressivo declino da anni tra le persone. È anche per questo che le Chiese che vi si erano adeguate oggi sono invece in difficoltà”.
Una recente polemica ha investito negli ultimi giorni il Congresso Mondiale delle Famiglie: anche questo accanimento rivela una società che rifiuta il ruolo del padre?
“Sicuramente. Ogni riferimento a valori trascendenti disturba le ideologie materialiste su cui faticosamente si regge la società dei consumi, nemica del padre, testimone del limite e della sua funzione nello sviluppo dei figli”.
A proposito di polemiche, si è molto discusso del ddl Pillon, che mira a stabilire tempi paritari di permanenza dei figli con entrambi i genitori separati. Che idea si è fatto di questo dibattito?
“Gran parte di ciò che è stato riferito dai grandi media sembrava esser frutto del lavoro di chi non aveva mai letto il ddl, e sembrava esprimere gli interessi di chi ha finora prosperato sulla conflittualità familiare. Il ddl Pillon cerca di portare in Italia un regime di tutela dei figli che già ispira leggi simili in vigore in importanti Paesi occidentali (dal Canada all'Australia, a diversi Stati Usa, e molti altri), che hanno fortemente diminuito la conflittualità post divorzi, con risultati molto positivi sui figli”.
Negli anni si è assistito a una crescita esponenziale dell’età dei neo-papà. Alcuni ritengono sia un fatto positivo: “Meglio diventare padri quando si è maturi”, dicono. Cosa ne pensa?
“I figli sono ormai così pochi, il declino demografico è una realtà che investe tutto l’Occidente. Dunque credo che dove c'è un papà – purché ci sia anche una mamma in carne ed ossa – va sempre bene”.
Prima ha detto che il processo di secolarizzazione è in declino: va dunque riaffermandosi la figura paterna?
“Credo che ci sia un'insopprimibile esigenza di paternità, umana e divina. Dalla mia osservazione psicologica e sociologica, nazionale e internazionale, vedo che questo processo, molto profondo, è in atto vistosamente in tutto il mondo, e anche in Italia. Con resistenze fortissime: è il mondo che cambia”.