La criminalizzazione della solidarietà nei confronti dei migranti è ancora in corso e i casi come quello di Carola Rackete sono solo la punta dell’iceberg”: lo afferma Caritas Europa, nel suo profilo Twitter, pubblicando un articolo firmato da Michele LeVoy, direttore della Piattaforma per la cooperazione internazionale sui migranti senza documenti, che denuncia numerosi casi di “criminalizzazione della solidarietà”.
Distinzione errata
“Nonostante ci sia stata in Europa una diminuzione di arrivi irregolari del 90% durante lo stesso periodo, il numero dei Paesi e i casi di criminalizzazione della solidarietà continuano ad aumentare. Solamente nei primi tre mesi del 2019 sono state avviate indagini su 79 casi. Gli episodi si sono svolti in Belgio, Croazia, Danimarca, Francia, Germania, Grecia, Italia, Paesi Bassi, Spagna, Svezia e Regno Unito. “Tutti questi casi – osserva l’articolista – possono essere collegati ad una legge Ue, la 2002 Facilitation Directive, che fa una distinzione errata tra traffico di esseri umani e assistenza umanitaria”. Ogni giorno, prosegue, “atti di gentilezza come dare cibo, acqua, un passaggio, una telefonata, un posto per dormire a qualcuno, vengono considerati atti illegali”. “La piattaforma mediatica globale openDemocracy – prosegue – ha documentato dozzine di casi di intimidazione e aggressioni contro i volontari che aiutano gli altri e salvano le vite, mentre le Ong nell’Europa centrale, in Italia e Gran Bretagna devono lavorare in un clima ostile, con attacchi continui alla loro credibilità” e leggi che “criminalizzano la solidarietà”. Da qui l’invito ai nuovi parlamentari a vigilare sul “prossimo gruppo di commissari europei e sulle loro posizioni politiche riguardo alla criminalizzazione della solidarietà”.