Le criticità delle carceri sono legate alla mancanza di una riforma del sistema giustizia e dell'ordinamento penitenziario. Nessuno dei governi né di destra né di sinistra pongono al tema la giusta attenzione”. Viaggio di tre giorni dei Radicali nelle carceri per denunciare ciò che non va dietro le sbarre. Sono 70 i luoghi di detenzione visitati, dal 15 al 18 agosto, da 278 tra dirigenti e militanti del partito, avvocati dell'Unione camere penali, parlamentari e garanti delle persone private della libertà. A Roma il segretario dei Radicali Maurizio Turco e il tesoriere Irene Testa hanno visitato Regina Coeli. Al termine del tour le delegazioni hanno riferito le emergenze. A Tolmezzo sovraffollamento, carenze igieniche, mancanza di personale: “234 persone, di cui 198 in alta sicurezza, a fronte di una capienza regolamentare di 149 unità”. A Palermo l’Ucciardone è una “struttura monumentale che va chiusa: un centinaio di stranieri sono senza un mediatore culturale”. A Taranto “condizioni igieniche al limite”. A Bari “serve un nuovo carcere”.
Una pioggia di psicofarmaci
Il carcere si trova ad affrontare il problema di una parte della sua popolazione che necessita di una coazione, seppur benigna, di un’altra che di quella coazione non ha bisogno, ma che la ricerca. Come poteva finire? La risposta è stata quasi esclusivamente farmacologica. Il biperidene (un farmaco antiparkinsoniano con effetti euforici), la quietiapina (un antipsicotico) e il clonazepam (una benzodiazepina che ad alte dosi ha effetti disinibenti) sono diventati la scorciatoia chimica alle contraddizioni del carcere. L’iper assunzione di farmaci è un fenomeno che si riscontra anche nella società fuori dalle mura penitenziarie, ma dietro le sbarre si è accentuato. L’alternativa, la terapia psichiatrica, è quasi assente. In ogni carcere la copertura medica dello psichiatra è riconosciuta come una necessità, ma il monte ore degli specialisti è di 105.751 ore: per 54 mila detenuti significa meno di due ore all’anno. Entrano in questo gioco perverso anche le case farmaceutiche. Negli ultimi anni in molti farmaci è aumentato il principio attivo a livelli esponenziali.
Problemi irrisolti
A un certo punto il detenuto, ormai soggiogato, chiede all’infermiere dosi maggiori e pur di ottenerle fa rumore di notte, si taglia, ingoia oggetti, aggredisce agenti e compagni di cella. Nascono anche così i 261 suicidi avvenuti nell’ultimo quinquennio e i 6000 casi di autolesionismo che si registrano ogni anno. Molti detenuti, in astinenza, ricercano lo stordimento con il gas dei fornellini, quelli che l’amministrazione penitenziaria dovrebbe sostituire da anni per evitare che su 50 suicidi l’anno, dieci siano involontari e dovuti all’inalazione con un sacchetto infilato in testa. La società, senza più la maschera della missione rieducativa della pena e scossa dalle istanze populiste, ha abbandonato i suoi figli più problematici. Ci sono troppi casi di autolesionismo e troppi suicidi nelle carceri italiane. Vengono ancora oggi dimenticate la dignità e la centralità della persona. Così ogni sera, verso le 7, passa il carrello con la “terapia”. Quello che, come cantano i “Presi per caso”, gruppo nato a Rebibbia di cui fa parte anche Salvatore Ferraro, condannato per favoreggiamento nell’omicidio della studentessa universitaria romana Marta Russo, offre “venti gocce che calmano il malumore, ti fanno sentire libero e diventa bello persino questo bordello”. Quello che ti fa scordare la compagna lontana, che fa fare festa in cella e che lascia dormire sonni tranquilli al direttore del carcere, agli agenti della polizia penitenziaria e ai bravi cittadini al di là delle sbarre.