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La cappella dei Mosaici: la comunità di Don Giuseppe

Don Giuseppe Facchineri, parroco della Beata Vergine Addolorata in Morsenchio a Milano, in prima linea durante l’emergenza coronavirus

Nella periferia sud-est di Milano, vicino agli insediamenti industriali della Montecatini e alla stazione di Rogoredo, Don Giuseppe Facchineri, parroco della Beata Vergine Addolorata in Morsenchio, è un faro per la collettività.

“Da quando sono prete ho deciso che per me è normale farmi disturbare. Sanno che io ci sono sempre. Siamo in una bella periferia di Milano caratterizzata da una complessità ricca di risorse”. Dice Don Giuseppe, molto amato dai suoi parrocchiani, che è diventato, nel corso di 14 anni alla guida della parrocchia, “compagno di strada” di quei ragazzi, di quelle coppie, di quei poveri che chiama per nome. Dalla sua passione per i mosaici è nata la Cappella dei mosaici, un’opera impegnativa, straordinaria nella sua unicità in quanto realizzata, tassello dopo tassello, da tutti i parrocchiani: bambini e ragazzi, catechiste, giovani e genitori che hanno lavorato insieme, in questi anni, ognuno con le proprie capacità e creatività. Mosaici capaci di unire grandi e piccini e di farli sentire letteralmente a casa”. In Viale Ungheria, un quartiere con un passato ferito, legato alla droga che circolava per le strade, e un presente fondato su relazioni positive, all’interno di una comunità attiva e partecipe, la parrocchia è un punto di riferimento per tutti, anche per i non credenti.

La vita di Don Giuseppe

Ordinato sacerdote nel ‘93, Don Giuseppe, dopo 6 anni trascorsi come parroco all’Annunciazione di Affori e altrettanti allo Spirito Santo di Lambrate, da 14 anni è alla guida della parrocchia di Morsenchio, una delle più povere della città, ma “la ricchezza generata – sottolinea Don Giuseppe – è la bellezza dei rapporti umani che si sviluppano”. Prete di periferia, entusiasta e determinato, racconta la sua missione a Giovanni Panozzo nel corto dal titolo “Sanno tutti i giorni che io ci sono”, filmato della serie sulle vite dei sacerdoti, disponibile nel canale youtube Insieme ai sacerdoti. “Ricevi tanto da questa gente che ti vuole bene, – prosegue Don Giuseppe – ti danno il cuore; quello che sembra periferico è centrale e arriva al cuore, giunge subito al centro. Il nostro tesoro è stare in mezzo, al centro della vita della gente. Così le persone non ti sentono lontano ma ti vedono come un amico”. Con il tempo si è creata una rete di relazioni e simpatia. Quello che conta è farsi trovare con un abbraccio o una parola. “Da quando sono prete ho deciso che per me è normale farmi disturbare. Sanno che io ci sono sempre”. E così il sacerdote è diventato “compagno di strada” di quei ragazzi, di quelle coppie, di quei poveri che conosce e chiama per nome.

Una comunità stravolta

La pandemia ha stravolto la vita parrocchiale ed ha messo in evidenza il bisogno di sostenersi e di non dimenticarsi degli altri. La rete solidale non si è mai fermata grazie alla sensibilità della collettività parrocchiale, una risorsa fondamentale per sostenere la solitudine degli anziani soli e per offrire un aiuto concreto alle persone in difficoltà, condividendo la preoccupazione per un’emergenza sanitaria imprevista. Con il sorriso sotto la mascherina Don Giuseppe, in prima linea durante i difficili mesi segnati dal virus, non ha mai smesso di prendersi cura dei suoi parrocchiani facendo sentire quotidianamente la sua presenza, anche a distanza, come dice lui “con il gregge chiuso in casa ma nel cuore”, celebrando le messe in streaming, grazie al nuovo canale YouTube della parrocchia, e raggiungendo più di 100 bambini del catechismo, collegati in diretta per la catechesi. Ed inoltre cresime e prime comunioni, trasmesse live, per coinvolgere comunque parenti ed amici. “Il primo periodo è stato terribile, era un continuo sentire l’angoscia e il peso luttuoso della morte – conclude Don Giuseppe – L’emergenza ci ha fatto sentire tutti uguali, tutti vicini. All’inizio ho fatto un esercizio quello di chiamare tutti i giorni alcune categorie di persone come gli anziani soli, i malati, le famiglie, i bambini. Quello che prima sembrava banale è diventata una cosa potente. In parrocchia, sin dai primi giorni di emergenza, abbiamo sostenuto le persone in difficoltà predisponendo delle ceste dove chi voleva al mattino portava e la sera chi voleva prendeva. Quest’attività di supporto non è mai venuta meno anche dopo la riapertura post-lockdown. E’ bello vedere la fila di persone davanti all’altare, distanziate, che mentre celebro la messa vengono in chiesa a ritirare i sacchi della spesa. Una generosità collettiva che si è ripetuta anche a Natale con la distribuzione, tramite la Caritas parrocchiale, di tanti pacchi viveri alle famiglie più disagiate del quartiere”.

La periferia che si fa centro

Oggi Morsenchio è una periferia che si è fatta centro di tante vite, di molte storie felici, grazie anche a un sacerdote che si è fatto comunità. Ormai basta un gesto a Don Giuseppe, per educare bambini e ragazzi, ma anche adulti, alla solidarietà e alla cooperazione: un semplice sorriso, un saluto o una parola detta a ciascuno dei suoi parrocchiani all’ingresso della chiesa, poco prima dell’inizio di ogni messa. Don Giuseppe li accoglie uno ad uno: “Saluto tutti. – dice sorridendo – Così saprò a chi devo fare la predica”. Le giornate in parrocchia sono fatte di sport, di catechismo e di una passione per i mosaici, trasmessa proprio dal Don. Ne è nata la Cappella dei mosaici, un’opera impegnativa, straordinaria nella sua unicità in quanto realizzata, tassello dopo tassello, da tutti i parrocchiani: bambini e ragazzi, catechiste, giovani e genitori che hanno lavorato insieme, in questi anni, ognuno con le proprie capacità e creatività. Mosaici capaci di unire grandi e piccini e di farli sentire letteralmente a casa. “Avere nella nostra Parrocchia queste opere fatte dal popolo di Dio – spiega Don Giuseppe – è un dono stupendo che condividiamo con coloro che qui vengono educati perché certe “immagini” rimangono nella memoria del cuore per tutta la vita”.

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