“Si stanno commettendo crimini contro l’umanità ed esiste il rischio di genocidio” denuncia Anschaire Nikoyagize, Presidente di Iteka, il referente locale della Federazione Internazionale dei diritti dell’uomo (Fédération internationale des droits de l’Homme). La Fidh ha presentato lo scorso 15 novembre un rapporto sulle violazioni dei diritti umani nel Paese africano, già segnato da decenni di lotte intestine.
Secondo Fidh, dallo scoppio della crisi politica avvenuta nell’aprile 2015 – quando il Presidente in carica Pierre Nkurunziza annunciò la decisione di ripresentarsi alle elezioni per un terzo mandato, in violazione della Costituzione e degli accordi di pace di Arusha – ad oggi, in Burundi sono morte più di mille persone; altre 8.000 sono detenute per motivi politici, dalle 300 alle 800 sono scomparse, mentre le violenze e il clima di insicurezza hanno spinto più di 300.000 persone a rifugiarsi all’estero.
Le 200 pagine del rapporto sono il frutto di una ricerca sul campo durata un anno e mezzo. Fidh, si legge, attribuisce la maggior parte dei crimini alle forze del regime e a quelle del partito al potere (il Cndd-Fdd) e in particolare ai miliziani dell’Imbonerakure, l’organizzazione giovanile del partito che è diventata una milizia al servizio del Presidente.
Oltre a quelli commessi dalle forze del regime, il rapporto denuncia anche crimini perpetrati dai gruppi di guerriglia che si oppongono al Presidente Nkurunziza, le Forces Républicaines du Burundi (Forebu) e la Résistance pour un Etat de droit (Red-Tabara).
La Fidh lancia un appello all’Unione Africana e alle Nazioni Unite per il dispiegamento in Burundi di una missione di imposizione della pace e di ricerca del rilancio del dialogo politico. Altrimenti si rischia il disastro perché, afferma il rapporto, “ci sono tutte le condizioni per perpetrare un – nuovo – genocidio”.