“Il caso della tragica morte di Giulia è diventato una sorta di prototipo perché ha scoperchiato una serie di problematiche sociali complesse”. Esordisce così, per Interris.it, la dottoressa Roberta Bruzzone, psicologa forense e criminologa più famosa d’Italia, sull’omicidio della 22enne Giulia Cecchettin avvenuto pochi giorni prima che si laureasse.
“Da una parte – prosegue la dott.ssa Bruzzone – il suo assassinio ha evidenziato la presenza nella società e nelle famiglie di radicati retaggi patriarcali (purtroppo ancora diffusissimi) che portano comunque le donne, gli uomini, i genitori (e dunque non solo i ragazzi) a considerare alcune forme di aggressività come ‘accettabili’. Anche forme di aggressività passiva, quali il sorvegliare e controllare la vita degli altri in modo morboso”.
La personalità narcisistica
“Questo genere di aggressività, ahimé diffusissimo, è letto da alcuni genitori come una sorta di effetto collaterale tollerabile dell’essere innamorati. Anziché valutarlo per quello che è: un chiaro segno di disagio psicologico del figlio che va dunque aiutato. E questo è un primo aspetto, di carattere culturale”.
“In seconda battuta, in casi come quello di Giulia, è presente anche una componente psicologica: la presenza di un soggetto con personalità narcisistica. Quindi, l’omicidio di Giulia è il frutto di uno scenario terribile: il patriarcato tossico che nasconde, occulta, tutta una serie di problematiche appartenenti al soggetto narcisistico. E il modo di rapportarsi del partner narcisista non è affatto infrequente nelle coppie”.
Bruzzone: “Tante ragazze vivono il disagio”
“In questi giorni infatti – avverte la dott.ssa Bruzzone – ho ricevuto centinaia di messaggi di famiglie e ragazze anche molto giovani che hanno lo stesso problema che aveva Giulia: un compagno o ex compagno che evidenzia le stesse modalità (e dunque problematiche) messe in atto da Filippo. E, vedendo quanto accaduto a Giulia, ora quel tipo di atteggiamento iper possessivo lo leggono per fortuna in maniera diversa. E chiedono giustamente aiuto”.
“Il terreno di coltura (vale a dire un patriarcato veramente introiettato in maniera preoccupante) sommato alla grande fragilità psicologica delle nuove generazioni – che ad esempio non sono assolutamente in grado di confrontarsi con un ‘No’, con un limite, o con la capacità di pensarsi fuori da una relazione a cui avevano appiccicato la possibilità di dare valore alla loro vita – creano un disagio che può sfociare nella violenza”.
“Non tutti quelli che vivono un disagio diventano assassini. Però la possibilità esiste: il caso di Giulia Cecchettin l’ha ampiamente dimostrato. Filippo Turetta era un ragazzo che apparentemente sul profilo sociale funzionava, non aveva degli aspetti macroscopicamente disfunzionali. Giulia però si era resa conto che aveva delle problematiche serie, tant’è vero che gli aveva suggerito di andare da uno psicologo, perché quella modalità ossessiva di stare in relazione con lei, l’aveva colta come problematica; e aveva deciso di terminare la relazione”.
Un’invidia velenosa
“Per Filippo però il problema non era solo la fine della relazione, ma soprattutto il fatto che lei si stesse dimostrando migliore di lui laureandosi prima, senza aspettarlo. Perciò, a mio avviso, ciò che ha fatto scattare questo omicidio non è soltanto il classico tema ‘o mia o di nessun altro’, ma anche quello del ‘non ti posso permettere di far vedere a tutto il mondo che tu sei migliore di me’, nello specifico laureandosi”.
“Una sorta di velenosa invidia competitiva di chiara matrice narcisistica che ha funzionato da detonatore finale. Lui la stava ossessionando non tanto e solo per tornare insieme, ma perché lei lo aspettasse per laurearsi. Cosa che lei giustamente non ha voluto fare. Quella ultima sera Filippo esce di casa e la incontra con un bivio nella testa: ‘o lei fa come dico io, quindi non si laurea, e allora la risparmio; oppure la elimino’. E l’ha poi fatto con un coltello preventivamente portato da casa. Dunque, era tutto premeditato, calcolato lucidamente, anche la successiva fuga, senza considerare le esigenze, i desideri e le legittime richieste di Giulia, che aveva tutto il diritto di laurearsi quando meglio credeva”.
“Quante ragazze, anche minorenni, rinunciano a importanti possibilità scolastiche o opportunità di carriera per non ‘dare un dispiacere’ al fidanzatino o al compagno? Magari pensando di farlo felice?”
“Ma il soggetto narcisista non è in grado di dire ‘grazie’ né di comprendere i sacrifici e i bisogni dell’altro: fa solo finta. Non è facile da riconoscere e smascherare perché recita molto bene: ne parlerò proprio stasera in un incontro pubblico a Desenzano. Il suo unico scopo – conclude la dottoressa Bruzzone – è compiacere se stesso e i propri desideri. Un ‘No’ è qualcosa di inaccettabile. Da eliminare, come la povera Giulia”.