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Bread for Women: un progetto per dare dignità alle donne afghane

Livia Maurizi di Nove Caring Humans spiega ad Interris.it l'importanza di questo progetto

La popolazione afghana vive in uno stato di estrema povertà con la maggior parte dei cittadini che non può permettersi nemmeno i beni essenziali, come il cibo. La situazione è peggiorata da quando, dopo 20 anni di guerra, l’Afghanistan è tornato nelle mani dei talebani. A pesare inoltre, anche il cambiamento climatico che, con alcuni eventi atmosferici molto violenti, in questi ultimi anni non ha risparmiato il Paese.

L’intervista

Interris.it ha intervistato Livia Maurizi di Nove Caring Humans, associazione impegnata attivamente a ridare valore al ruolo delle donne del mondo, specialmente a quelle che vivono in una società patriarcale.

Livia, come è la vita delle donne in Afghanistan?

“L’80% delle donne, soprattutto quelle capofamiglia, non possiede più i mezzi sufficienti per soddisfare i bisogni primari del proprio nucleo familiare e per garantire il pane quotidiano si inventa dei lavori all’interno delle proprie abitazioni. Oggi, le donne in Afghanistan sono state completamente eliminate dalla scena pubblica e hanno perso tutti i diritti fondamentali come esseri umani. A loro è negato infatti studiare, uscire di casa se non accompagnate da un componente maschile, lavorare nella maggior parte dei settori, andare al parco e fare sport”.

In che cosa consiste il progetto Bread for Women da voi appena concluso?

“Nasce a Kabul e ha unito l’intervento umanitario ad azioni mirate allo sviluppo occupazionale delle donne. Sono state riabilitate alcune panetterie che negli anni erano state chiuse e che, a causa anche della crisi economica, versavano in condizioni critiche. Le nove fornaie selezionate hanno avuto accesso a una formazione gratuita che le ha messe nella  condizione di sviluppare gradualmente un’attività imprenditoriale autonoma. Il progetto, oltre a pagare il salario alle fornaie e alle loro assistenti, fornisce anche le materie prime necessarie alla produzione del pane, che viene poi distribuito ogni giorno gratuitamente a donne capofamiglia in stato di estrema povertà, soddisfacendo il bisogno di questo alimento per circa mille persone”.

In che cosa questo progetto ha anche un valore sociale?

“Si tratta di un’iniziativa che da un lato permette alle fornaie, lavorando, di guadagnare del denaro utile per sfamare le proprie famiglie, dall’altro alle altre donne capofamiglia di uscire di casa per avere il pane, che è alla base dell’alimentazione afghana. Si tratta di un momento di socialità importante in cui è permesso di poter interagire e avere un contatto con persone esterne alla propria famiglia. Se si entra infatti in queste panetterie, molto spesso si vedono donne sedute che parlano tra di loro”.

Lei che conosce molto bene la società afghana, pensa che queste donne ce la faranno ad avere un ruolo nel loro Paese?

“A questa domanda non conosciamo una risposta, restituire alle donne l’opportunità di accedere all’istruzione è un fattore determinante. Sicuramente se così sarà, si aprirà una finestra importante su cui poter lavorare per ridare dignità e valore alla figura femminile. Nonostante la difficoltà di lavorare in contesti come questi, noi di Nove Caring Humans, operiamo attivamente approfittando delle aperture che il governo locale ci permette e il nostro intento primario resta quello di donare a queste donne la speranza che un futuro esiste anche per loro”.

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