Mai più schiavi nei campi. Da tempo la Coldiretti, la maggiore associazione di rappresentanza e assistenza dell'agricoltura italiana, chiede di bloccare le aste capestro on line al doppio ribasso che strangolano gli agricoltori con prezzi al di sotto dei costi di produzione e alimentano nelle campagne la dolorosa piaga del caporalato. Nel commentare positivamente l’approvazione alla Camera della proposta di legge che introduce il divieto della vendita sottocosto dei prodotti agroalimentari e in particolare delle aste elettroniche a doppio ribasso, Coldiretti aveva segnalato già due mesi fa che le aste al doppio ribasso provocano pesanti distorsioni e speculazioni aggravando così i pesanti squilibri di filiera della distribuzione del valore visto che per ogni euro di spesa in prodotti agroalimentari freschi come frutta e verdura solo 22 centesimi arrivano al produttore agricolo ma il valore scende addirittura a 2 centesimi nel caso di quelli trasformati dal pane ai salumi fino ai formaggi (dati Ismea). Le norme nazionali, dunque, sono necessarie a completare il quadro normativo contro le pratiche sleali nel settore alimentare approvato a livello comunitario.
Ora la risposta del governo
“Contro il caporalato stiamo lavorando per riprendere la legge sulle agromafie e per far funzionare perfettamente la Cabina di regia sul lavoro agricolo di qualità. Dobbiamo mettere allo stesso tavolo tutti i protagonisti della filiera e dobbiamo coinvolgere e informare i consumatori con adeguate campagne di comunicazione- annuncia oggi la ministra delle Politiche agricole, alimentari e forestali, Teresa Bellanova-. I cittadini devono sapere quali prodotti consumano, come sono state coltivate e trasformate le materie prime, chi le ha lavorate. Dobbiamo combattere le storture, ma anche valorizzare e far conoscere le buone pratiche esistenti. Dobbiamo, infine, stringere un'alleanza fra noi e con i consumatori, per condividere le priorità su cui raggiungere risultati. Il caporalato è mafia e criminalità, per sconfiggerlo dobbiamo lavorare insieme.
La filiera dello sfruttamento
Per Coldiretti occorre spezzare la catena dello sfruttamento che si alimenta dalle distorsioni lungo la filiera, dalla distribuzione all’industria fino alle campagne dove i prodotti agricoli pagati sottocosto pochi centesimi spingono all’illegalità. Gli agricoltori segnalano la necessità di “una grande azione di responsabilizzazione dal campo allo scaffale, per garantire che dietro tutti gli alimenti in vendita, italiani e stranieri, ci sia un percorso di qualità che riguarda l’ambiente, la salute e il lavoro, con una equa distribuzione del valore”. A due anni dall’approvazione della legge sul caporalato l’esperienza dimostra che la pur fondamentale repressione da sola non basta ed è invece necessario agire anche sulle leve economiche che spingono o tollerano lo sfruttamento. Per questo occorre affiancare le norme sul caporalato all’approvazione delle proposte di riforma dei reati alimentari presentate dall’apposita commissione presieduta da Giancarlo Caselli, presidente del comitato scientifico dell’Osservatorio Agromafie promosso dalla Coldiretti (www.coldiretti.it). A pesare sono le pratiche commerciali sleali dagli acquisti sottocosto alle aste capestro al doppio ribasso che strozzano a cascata industriali e agricoltori e la componente più debole dei lavoratori agricoli.
Il contributo dei lavoratori stranieri
I lavoratori stranieri contribuiscono in modo strutturale e determinante all’economia agricola del Paese e rappresentano una componente indispensabile per garantire i primati del Made in Italy alimentare nel mondo su un territorio dove va assicurata la legalità per combattere inquietanti fenomeni malavitosi che umiliano gli uomini e il proprio lavoro e gettano un’ombra su un settore che ha scelto con decisione la strada dell’attenzione alla sicurezza alimentare e ambientale. In agricoltura occupazione regolare 345mila stranieri provenienti da ben 157 Paesi diversi che con 29.437.059 giornate rappresentano ben un quarto del totale del lavoro necessario nelle campagne italiane. Sono molti, riferisce Coldiretti, i “distretti agricoli” dove i lavoratori immigrati sono una componente bene integrata nel tessuto economico e sociale come nel caso della raccolta delle fragole nel Veronese, della preparazione delle barbatelle in Friuli, delle mele in Trentino, della frutta in Emilia Romagna, dell’uva in Piemonte fino agli allevamenti da latte in Lombardia dove a svolgere l’attività di bergamini sono soprattutto gli indiani mentre i macedoni sono coinvolti principalmente nella pastorizia.