Da dove vengo? Chi sono i miei genitori? Sono gli interrogativi che attanagliano molti figli adottivi che, raggiunta lāetĆ dellāadolescenza, si mettono alla ricerca delle proprie origini biologiche. Questo tema sarĆ discusso al convegno nazionale di due giorni che si terrĆ lā1 e 2 novembre 2019, al Centro congressi āSan Giovanniā, Cittadella-Pro Civitate Christiana di Assisi (PG) organizzato da Ai.Bi. ā Amici dei Bambini, principale ente privato italianoĀ nel settore delle adozioni internazionali. Per prepararlo, Ai.Bi. ha svolto un seminario estivo con il coinvolgimento di enti, organismi, famiglie adottive e persone adottate che siĀ ĆØ tenuto a Casino di Terra
(Pisa) il 28 agosto, dal titolo Ricerca delle origini: quale necessitĆ , con la partecipazione del prof. Francesco Belletti, direttore del CISF ā Centro Internazionale Studi sulla Famiglia. Con questa iniziativa il presidente dellāAi.Bi, Marco Griffini ha voluto approfondire e rivedere il āmito del vincolo biologicoā parlandone a In Terris. āSe oggi una persona adottata non si pone il problema della ricerca delle origini non ĆØ considerata ānormaleā. E ciĆ² vale anche per i genitori adottivi. CosƬ la ricerca delle origini ĆØ diventato per molti un percorso al limite della schizofreniaā, ha spiegato Griffini.Ā
Presidente, perchƩ avete voluto affrontare la questione dei ragazzi adottati che si affannano nella ricerca delle loro origini biologiche?
“PerchĆ©, molto spesso, le argomentazioni su questo tema seguono facili scorciatoie verso lāinterpretazione della cosiddetta ricerca delle origini come di un diritto. Questo in virtĆ¹ di una tendenza della societĆ contemporanea a rappresentare qualsiasi istanza degli individui come un imperativo cui dover aderire āa prescindereā, perchĆ©, per la realtĆ sociale in cui viviamo, non solo la libertĆ ma addirittura i capricci individuali non devono avere limiti, senza considerare eventuali diritti esercitabili da altri soggetti comunque coinvolti, trasformandosi automaticamente in unāistanza da sostenere e garantire, anche per legge, ad ogni costo. Ma non ĆØ cosƬ e serve una riflessione approfondita. Serve una distinzione tra un ālegittimo desiderioā e un āpresuntuoso dirittoā; occorre svelare e dire quanto le proprie āoriginiā, di sangue e di terra, non siano automaticamente da considerare come il proprio originario fondamento. CāĆØ insomma un āmito del vincolo biologicoā che ĆØ da rivedere. E ciĆ² vale anche per i genitori adottivi. CosƬ la ricerca delle origini ĆØ diventato per molti un percorso al limite della schizofrenia”.
Sembra che i social network abbiano sollecitato questa inclinazione, non ĆØ vero?
“Certo, perchĆ© quella che ĆØ lāera della trasparenza ĆØ, in fondo, anche lāera della sorveglianza collettiva, dove, pur non approfondendo alcun rapporto e sentendosi estranei, tutti possono sapere tutto di tutti e non esiste piĆ¹ una dimensione privata, intima. CosƬ un ragazzo che con il proprio genitore naturale condivide soltanto un legame di sangue, ma che non sa nulla del vissuto di quella persona, attraverso quellāutile ma per certi aspetti pericolosissimo strumento che sono i social puĆ², in ipotesi, arrivare a scandagliarne lāesistenza e facendo, nella maggior parte dei casi, del male soprattutto a seĀ stesso”.
Durante il vostro seminario avete portato testimonianze di ragazzi che non hanno sentito questa necessitĆ . Cosa hanno raccontato?
“Iniziamo col dire che, oggi, se una persona adottata non si pone il problema della ricerca delle origini non ĆØ considerata ānormaleā, proprio in virtĆ¹ delle considerazioni fatte in precedenza. Ecco, questi ragazzi hanno raccontato proprio questo. Come siano a volte guardati come extraterrestri per il solo fatto di non manifestare questo desiderio e di sentirsi pienamente āfigliā dei propri genitori adottivi, quelli che, magari, hanno tenuto loro la mano quando da piccoli non riuscivano ad addormentarsi o che hanno gioito dei loro successi e pianto insieme a loro per le sconfitte. Ma le riporto lāintervento di una ragazza che ha detto una frase bellissima, riguardo alla propria madre naturale, ossia che ānon cāĆØ bisogno di andare a cercarlaā perchĆ© la gratitudine
per averla messa al mondo lei ādi sicuro la sta sentendo nel suo cuoreā. E, del resto, cosa potrebbe accadere piombando allāimprovviso nella vita di qualcuno di cui non si conosce il vissuto? E se lāincontro desse origine a un rifiuto? Quali emozioni potrebbero scatenarsi? Davvero farebbe bene?”
Negli ultimi anni c'ĆØ stato un crollo delle adozioni malgrado lāItalia resti il secondo Paese al mondo per numero di adozioni internazionali portate a termine. Questo trend ĆØ dovuto anche all'aumento delle tecniche di procreazione assistita, insomma alcuni considerano lāadozione lāultima spiaggiaā¦.
“Verissimo e assurdo. Oltre che ingiusto nei confronti dei tanti bambini abbandonati che, nel mondo, attendono di poter diventare di nuovo āfigliā, di poter abbracciare una famiglia. E chi meglio dei genitori che non riescono a procreare potrebbe aprire loro le braccia? Si tratta quasi di ristabilire un equilibrio. Anche perchĆ© la convinzione che ricorrere alla PMA sia piĆ¹ semplice rispetto allāadozione ĆØ del tutto sbagliata! I dati piĆ¹ recenti dimostrano come le percentuali di successo delle tecniche di PMA senza donazione di gameti, considerando come indicatore la percentuale di gravidanze su cicli iniziati, si attestino su un valore medio effettivo di due su 10. Nove su 10, con lo stesso termine di paragone, sono quelle che, dopo aver conferito lāincarico a un ente autorizzato, riescono a portare a termine lāadozione internazionale di un minore abbandonato”.
Voi avete sempre combattuto anche contro la pratica dellāutero in affitto. Insomma un figlio si accoglie non si compra, vero?
“Certo. Mentre in Occidente cāĆØ chi reclama lāutero in affitto come una ābattaglia di civiltĆ ā, in Paesi come il Kenya, che attualmente ha bloccato le adozioni internazionali di minori in stato di abbandono, i bambini vengono ācompratiā da madri povere, costrette a vedersi strappato il neonato dal grembo per il capriccio di coppie non solo omosessuali, in cambio di un pagamento in denaro. Le sembra una cosa giusta?ā
In questi giorni lei ha inviato un monito al nascente governo giallo-rosso, dopo che sono tornate a circolare le voci su una possibile riforma delle adozioni voluta dalla CirinnĆ . Lei ha detto che il diritto a una mamma e un papĆ di un bambino abbandonato non si toccaā¦
“Un monito che rivendico. Non scherziamo, non si puĆ² fare propaganda sulla pelle dei bambini abbandonati, giĆ costretti ad aver subito la piĆ¹ grande ingiustizia della Terra. Il contesto generato dalla prossima compagine governativa non deve essere il presupposto per scatenare sui minori una forsennata battaglia ideologica, senza considerarne le conseguenze a lungo termine”.
Dunque cosa serve per incentivare le adozioni?
“Oggi cāĆØ sfiducia nellāadozione internazionale per come ĆØ stata bistrattata dalla politica e dai Governi che si sono succeduti negli anni. Quando nel 2011 Carlo Giovanardi lasciĆ² la Presidenza della CAI (Commissione Adozioni Internazionali) i bambini adottati erano stati 4mila in un anno mentre nel 2018 sono stati circa 1300. Senza una spinta propulsiva a livello politico, se il governo non investe e non tiene rapporti con i Paesi esteri attraverso il primo motore diplomatico dellāadozione internazionale, ovvero proprio la CAI, non puĆ² esserci una svolta. La vicepresidente attuale, dottoressa Laura Laera, sta lavorando bene dopo la disastrosa gestione di chi la aveva preceduta, Silvia Della Monica, ma il presidente del Consiglio Conte, che ne detiene la presidenza, avrebbe dovuto delegare il proprio ruolo in tale consesso al ministro competente in materia di Famiglia. Invece, in virtĆ¹ di divergenze ideologiche tra Cinque Stelle e Lega, non ĆØ accaduto. Ai tempi di Giovanardi la commissione si riuniva una volta al mese. Ora capita addirittura che le riunioni non abbiano il numero legale, pazzesco. Ma le associazioni e gli enti autorizzati non possono essere lasciati da soli”.