La carenza di specialisti è la spina nel fianco della pediatria italiana e sta minando le basi di un sistema assistenziale considerato sinora tra i migliori al mondo. Il problema nasce dal travaso dei pediatri dall’ospedale verso il territorio in aggiunta, in linea con quanto accade in altre specialità, alla fuga verso l’estero, attratti da migliori condizioni anche economiche.
L’intervista
Interris.it ha intervistato la dottoressa Annamaria Staiano, presidente della Sip (Società Italiana di Pediatria) che ha spiegato che cosa penalizza in Italia il settore della pediatria.
Dottoressa, che cosa manca all’assistenza pediatrica?
“La nostra assistenza pediatrica è sempre stata tra le migliori al mondo, ma purtroppo negli ultimi anni sta conoscendo una crisi senza precedenti, sia a livello ospedaliero, sia per quanto riguarda le cure primarie. Le motivazioni sono di diversa entità e riguardano i turni massacranti, le aggressioni e le retribuzioni non sempre all’altezza del lavoro e dell’impegno. Il risultato è la fuga di molti specialisti dagli ospedali verso il territorio e verso l’estero”.
Questa situazione che cosa provoca?
“Il ricorso a strutture pediatriche ospedaliere, a medici gettonisti che inevitabilmente corrispondono a una riduzione della qualità delle cure erogate, oltre che a costi esorbitanti per l’intera comunità. A pagarne le spese come sempre sono i più fragili, ovvero i bambini, che rischiano di non essere assistiti adeguatamente e di finire in carico ai medici degli adulti. I bambini non sono dei piccoli adulti, ma possiedono delle peculiarità proprie e per questo motivo hanno il diritto di essere curati dai dei specialisti del settore e in ambienti pensati appositamente per loro”.
Come si dovrebbe intervenire?
“Per garantire la continuità assistenziale, per rispondere al meglio alle emergenze urgenze e gestire le patologie croniche, ormai sempre più frequenti in età pediatrica, la Sip propone di integrare dei percorsi di cura tra territorio e ospedale. Ad oggi sul territorio a 14 anni vi è il passaggio al medico dell’adulto, mentre per i ricoveri in ospedale non esiste un limite massimo di età uniforme per tutto il territorio nazionale, ma varia da 14 a 18 a seconda delle Asl. Noi invece chiediamo che l’età pediatrica sia per tutti, in ospedale e sul territorio, riconosciuta dai 0 ai 18 anni e che vengano individuate le sub specialità pediatriche per dare una migliore assistenza ai tanti bambini affetti da patologie croniche, anche gravi”.
C’è piena consapevolezza del problema?
“Purtroppo non è mai abbastanza. Per questo motivo nel marzo scorso la Società Italiana di Pediatria ha organizzato gli Stati Generali della Pediatria. Sono stati portati in luce questi temi per riportare il bambino al centro della nostra società e del nostro sistema sanitario. Siamo in fatti convinti che con un percorso di sensibilizzazione adeguato si possano raggiungere grandi risultati”.