Entro qualche anno, quando passeggeremo nella natura, potremmo non sentire più il crepitante ronzio delle api, nè fare colazione con il loro miele. E piangeremo noi stessi perché saremo stati la causa del nostro male. Inquinamento, prodotti chimici per la difesa delle piante e cambiamento climatico stanno infatti decimando le api di tutto il mondo e quest'anno la raccolta di miele in Italia sarà più che dimezzata rispetto all'anno precedente. Un danno forse irreparabile per l'ambiente e le nostre coltivazioni, perché questi insetti sono i principali 'responsabili' dell'impollinazione dei fiori e della piante. Lo dicono Greenpeace e Coldiretti.
Cause dell'estinzione
Nella sola Europa le api sono diminuite del 53% in pochi anni, secondo l'ong ambientalista nordamericana. Sembra essere andata peggio ancora angli Stati Uniti d'America, con perdite ancora più ingenti. Scrive il Dan Rather Report che gli apicoltori statunitensi hanno abbiano assistito a un calo delle api tra il 50 e il 90%. Ma l'inquinamento dovuto alle nostre emissioni, il riscadalmento dal pianeta che sballa temperature e tempi della natura, periodi di siccità che si alternano ad altri di violenti rovesci non consentono consentono la sopravvivenza di questi animali, che non possono uscire dagli alveari e producono poco miele, di conseguenza si cibano poco e muoiono. Ma letali sono anche tutti gli insetticidi, i funghicidi, i pesticidi e gli antiparassitari. Anche se non sono stati pensati contro le api, sono pur sempre prodotti chimici.
L'anno nero del miele
L'Italia non scarseggia in quanto a varietà di miele ed alveari sul nostro territorio. Delle prime, se ne segnalano una cinquantina, i secondi sono 1,4 milioni. L'associazione dei coltivatori ne elenca alcune, come il miele di millefiori, quello di castagno, il miele di tiglio e anche quelli da piante aromatiche come la lavanda. Agli alverari laovrano invece circa 51mila apicoltori, così suddivisi: Il 65% di loro, cioè 33mila e ottocento, produce per autoconsumo; il restante 35% invece immette il proprio miele sul mercato. Ma il 2019 sarà un anno poco fruttuoso. A causa di una primavera e un'estate instabili, dove si sono alternati temporali, grandinate e temperature eccessive, ben al di sopra delle medie stagionali, la raccolta di miele sarà sotto la metà dell'anno scorso, quando raggiunse i 23,3 milioni di chili. Ci si rivolge più all'estero, nonostante gli standard di controllo e qualità non siano alti come in Italia. Ne abbiamo importati 9,7 milioni di chili nei primi cinque mesi del 2019 scrive Coldiretti, di cui la metà circa dall'Ungheria e il 10% dalla Cina. La distinzione tra miele 'autoctono' ed estero non è per campanilismo o autarchia. In Italia è obbligatoria l'indicazione di origine del prodotto, con apposita etichetta, e non è consentito ricorrere agli organismi geneticamente modificati (ogm). Pratica, quest'ultima, consentita in Cina. Sulle confezioni di miele raccolto e prodotto interamente in Italia, il nome del paese deve obbligatoriamente citatp. Se invece il nettare dorato è composta da una miscela di più Paesi dell’Unione europea, sull’etichetta si deve leggere l’indicazione “miscela di mieli originari della CE”. Ancora, se il miele proviene da Paesi extracomunitari, deve comparire “miscela di mieli non originari della CE”. In ultimo una miscela di miscele di mieli di Paesi comunitari e non, va indicata con “miscela di mieli originari e non originari della CE”.