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“Andrea libera tutti”, l'amore dopo il dolore

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Qual è il fil rouge tra un campetto da calcio nel cuore della Sardegna e una casa di accoglienza a Roma? La risposta potrebbe stupire, soprattutto in una società come la nostra che molto spesso chiude gli occhi di fronte alle difficoltà e alle sofferenze del prossimo. Il collegamento tra i due progetti è la storia di Andrea, un bambino originario di Orotelli, in Sardegna, morto di leucemia a dieci anni. La sua scomparsa ha commosso molte persone, a partire dai suoi compagni di scuola e dagli amici del quartiere di Porta Cavallegeri-Gregorio VII di Roma, dove il piccolo e la sua famiglia hanno vissuto mentre era ricoverato all'ospedale pediatrico Bambino Gesù

Andrea libera tutti

Roger Bergonzoli, papà di un compagno di classe di Andrea, ha raccontato ad In Terris come è nata l'idea di riunire i ragazzi e le loro famiglie in un torneo di calcetto per raccogliere i fondi per costruire un campetto a Orotelli. “Andrea è venuto a mancare durante il periodo estivo, quando eravamo un po' tutti sparpagliati per le vacanze. Quando ci siamo ritrovati a settembre, è stato spontaneo chiederci: 'Cosa facciamo ora?' – ha spiegato Roger -. Il calcio era lo sport preferito di Andrea, così un torneo con tutti i ragazzi che lo hanno conosciuto ci è sembrato l'idea più giusta. Per identificaci e far capire a tutti che con l'evento volevamo ricordare questo bambino ci siamo chiamati 'Andrea libera tutti'. Ancora non è un'associazione, lo diventerà solo se i genitori di Andrea lo vorranno”. Così, tra pettorine colorate, fischi, tiri in porta e gol, si è arrivati alla terza edizione dell'evento, organizzato nella Parrocchia di San Gregorio VII a Roma. I soldi raccolti grazie all'iniziativa, per volerre dei genitori di Andrea, sono stati destinati per ristrutturare e rendere agibile un campetto di calcio dell'oratorio “don Giovannino Succu” nella parrocchia dello Spirito Santo a Mussinzua (provincia di Nuoro). Le attività vengono portate avanti tutti i fine settimana grazie all'impegno di numerosi volontari. Un'iniziativa concreta per i giovani, con la quale si vuole ridare vita alla grande passione di Andrea: il calcio. Nonostante la malattia il piccolo, quando le sue condizioni lo permettevano, si ritrovava con gli amici per giocare a pallone e per seguire le partite della sua squadra del cuore, la Juventus.

Dalla sofferenza alla generosità

Tutti gli anni, i genitori di Andrea tornano a Roma per partecipare all'iniziativa benefica e per mantenere i contatti le persone che sono al loro fianco durante la degenza in ospedale del proprio bambino. Quest'anno, con ulteriore gesto di straordinaria generosità, hanno deciso di donare la metà dei fondi raccolti con il torneo di calcettto per contribuire alla realizzazione di una casa di accoglienza per le famiglie con figli ricoverati al Bambin Gesù. 

La casa di accoglienza “Il Gelsomino”

“Questa casa – ha spiegato Adelaide, una delle catechiste della parrocchia San Gregorio VII a Roma, impegnata nella realizzazione del progetto – si aggiunge alle strutture già esistenti. L'idea è nata quando si sono liberati dei locali dove prima c'era un asilo nido. Tutto il consiglio parrocchiale è stato d'accordo con questa forma di accoglienza”. Il progetto prevede la ristrutturazione in toto dei locali (circa 200 mq) per trasformarli in stanze accoglienti. Qui, d'accordo con il Bambino Gesù, verranno accolte a titolo completamente gratuito le famiglie. “E' importante che questi nuclei familiari abbiano un posto dove sentirsi a casa. Purtroppo, in molti casi, la degenza dei bambini è molto lunga e diverse famiglie non hanno i mezzi per procurarsi autonomamente un alloggio – ha spiegato Marina, responsabile della Caritas per la parrocchia -. Arrivando la mattina presto si possono vedere molti genitori che dormono nelle macchine. E' una sofferenza nella sofferenza”. Ma l'idea non è quella di fornire solo un letto dove dormire. La comunità parrocchiale ha infatti intenzione, grazie all'aiuto di volontari, di creare una sorta di presidio all'interno del Gelsomino. “Saremo una presenza silenziosa – ha aggiunto Adelaide -. Chi vorrà, sa che saremo lì, disponibili anche solo per fare due chiacchiere davanti a un caffè. Il nostro obiettivo è quello di creare una struttura in cui queste famiglie che sono nella difficoltà e nel dolore, possano vivere un momento di tranquillità e conforto”. Grazie all'aiuto di molti parrocchiani che hanno messo a disposizione gratuitamente i loro talenti, è stata già fissata la data di inaugurazione: il 25 marzo 2018. “La sfida più grande però non è aprire la casa – ha concluso Adelaide – ma riuscire a mantenerla viva nel lungo periodo e rispondere così a quest'urgente necessità sociale“.

Manuela Petrini: