L’Emilia Romagna è ancora tappezzata dalle ferite provocate dall’alluvione del maggio scorso. Alcune sono in via di guarigione, mentre altre sono aperte e non si ha alcuna idea di quanto ci vorrà per rimarginarle definitivamente. Dopo un primissimo tempo i riflettori sono si sono spenti, ma ogni mattina la gente che vive e ama questa terra si sveglia con lo scopo di ricostruire tutto ciò che è andato perso.
L’intervista
Subito dopo l’alluvione la Croce Rossa Italiana è scesa in campo per aiutare la popolazione emiliana e Interris.it ha intervistato il presidente Rosario Valastro che ha spiegato le intenzioni e i progetti previsti nel breve termine in Emilia Romagna.
Presidente, come si ridona uno spiraglio di luce a chi ha perso tutto?
“Noi come Croce Rossa siamo stati premiati dalla fiducia di molti donatori e useremo i fondi che ancora abbiamo per favorire la ricostruzione. Durante la mia visita ne ho parlato con il commissario straordinario di governo per la ricostruzione Francesco Paolo Figliuolo, con la vicepresidente della Regione Emilia Romagna, Irene Priolo e ho chiesto ai vari comitati di interpellare i sindaci. Innanzitutto aiuteremo chi ancora ha le case inagibili e in un secondo momento vogliamo costruire qualcosa che sia davvero necessario alle comunità locali. Possono essere scuole, centri polifunzionali di protezione civile e la bocciofila per le persone anziane che vuol dire pensare anche a chi non è più giovanissimo e ha necessità di avere un punto di incontro. Noi possiamo realizzare delle strutture che possono essere usate come centri diurni per persone di ogni età e che in un eventuale momento di emergenza possano diventare il centro di comando”.
Pochi giorni fa lei si è recato in Emilia. Perché ha scelto di andare lì proprio ora?
“Era da molto che desideravo fare questa visita perché mi sembrava assolutamente opportuno andare a ringraziare tutte le centinaia di volontari e di operatori di Croce Rossa Italiana che in questi mesi hanno dato onore allo stemma che indossano con molto orgoglio. Anche le tv e i giornali hanno reso pubblico che dove c’era il fango la nostra uniforme era presente, tutta sporca, e questo per noi è motivo di grande soddisfazione. Si tratta di persone che per aiutare gli altri hanno lasciato a casa le loro famiglie, anch’esse in alcuni casi sommerse dal fango. A tal proposito voglio ricordare Matteo Gallo, un giovane volontario del comitato di Castellamonte, accorso a Faenza per aiutare la comunità durante l’alluvione e venuto a mancare improvvisamente lo scorso agosto. Il suo impegno e la sua gioia nel donare agli altri devono essere per tutti noi un esempio e uno stimolo per continuare ad adoperarci per chiunque ne abbia bisogno”.
A quasi cinque mesi da questo evento, che cosa resta?
“L’acqua e il fango hanno spazzato via in un batter d’occhio vite, ricordi e case, mettendo in ginocchio numerose famiglie che si sono ritrovate improvvisamente con nulla in mano. Dopo aver spalato con tutte le nostre forze il fango, ora il nostro impegno è quello di sanare le ferite di questa popolazione, ridando una speranza a tutti. Anche molte sedi della Cri sono state rese inagibili, come quella di Castrocaro Terme e di Cesena e pensate allo sforzo che i volontari hanno fatto per muoversi in questa situazione terribile”.
Perché i riflettori sono calati?
“Semplicemente perché purtroppo si sono accesi da un’altra parte. La gente ha paura che tutti si dimentichino di loro e anche per questo sono voluto andare lì proprio ora, per rimettere in luce un problema che continua ad esistere e che deve stare a cuore a tutti. Noi di Croce Rossa Italiana non abbiamo alcuna intenzione di dimenticarci di questa terra che ha voglia di rialzarsi e per questo motivo ho ribadito anche alle istituzioni che come siamo stati i primi ad arrivare, saremo anche gli ultimi ad andare via”.