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Al Senato, “Solo cose belle”, un film ispirato da don Benzi

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Le cose belle prima si fanno e poi si pensano”. Era una delle frasi che era solito ripetere don Oreste Benzi ai membri dell'associazione da lui fondata, la Comunità Papa Giovanni XXIII. E proprio da questo input del sacerdote riminese, in causa di beatificazione, prende spunto il film “Solo cose belle” che approderà nei cinema italiani il prossimo 9 maggio. Il lungometraggio è stato presentato in anteprima come visione straordinaria a Rimini lo scorso 7 dicembre, in occasione del cinquantennale della comunità Papa Giovanni XXIII, evento a cui ha partecipato il capo dello Stato Sergio Mattarella. Oggi viene proiettato in anteprima al Senato, alla presenza della presidente Maria Elisabetta Alberti Casellati. 

L'opera prima del regista Kristian Gianfreda racconta la storia di Benedetta, 16enne figlia del sindaco di San Giovanni Marignano che viene in contatto con una casa famiglia appena arrivata nell'entroterra romagnolo, in cui vivono tante persone dal passato difficile e desiderose di riscatto. Senza tener conto delle convenzioni sociali, Benedetta si innamorerà di Kevin, giovane ex carcerato. “Nella migliore tradizione della commedia all'italiana, Solo cose belle è un lungometraggio che riesce a raccontare in modo profondo l'incontro tra due mondi opposti che improvvisamente si incrociano: da una parte un sonnacchioso e convenzionale paesino, dall'altra l'inusuale e rumoroso microcosmo di una casa famiglia, ossia quel luogo in cui gli 'sbagliati' e i 'superflui' di questa società trovano possibilità e occasioni”, racconta il regista nella nota di presentazione del film. In Terris lo ha intervistato. 

Come è nata l'idea di realizzare questo film?
“A dieci anni dalla morte di don Oreste Benzi, l'Apg23 ha voluto fare qualcosa di speciale, di mai realizzato prima. E abbiamo pensato a questo film. Raccontare quello che era don Oreste sembrava troppo difficile, descrivere l'uomo che c'era dietro a tutte quelle idee e concetti che hanno cambiato tantissima gente in Italia e nel mondo non era un'impresa facile. 'Solo cose belle' ci sembrava la risposta più adatta, così abbiamo iniziato a lavorarci. Per finire il prodotto ci sono voluti due anni, ma eccoci qua”.

Guardando gli ultimi episodi di cronaca, come l'anziano ucciso da una baby gang a Manduria, ma anche gli episodi di bullismo nei confronti dei più deboli, emerge un forte sentimento negativo nei confronti degli ultimi, delle persone ai margini della società. “Solo cose belle” testimonia il contrario invece. 
“Sì, c'è un'inasprimento della contrapposizione sociale e un indurimento di cuori. Le guerre tra poveri mietono vittime in tanti ambienti e situazioni. Penso che in questo momento storico serva guardare a quello che resiste, a quello che ancora c'è di buono e puntare al bene che c'è, senza sottolineare il male. 'Solo cose belle' è tutto qui: prendere ed evidenziare quello che resiste tra la sofferenza e le difficoltà delle persone che vengono dal mondo dell'emarginazione e puntare tutto su quello. Avere fede e speranza che le cose cambieranno e si metteranno per il meglio. Abbiamo scelto la leggerezza del registro di una commedia per poter arrivare a tutti e poter veicolare questo messaggio a quante più persone possibili. La fatica, la difficoltà, la disperazione, l'essere sbagliati o l'aver sbagliato non sono una condanna senza appello, ma una strada che ci porta al cambiamento e alla felicità, per se stessi e per gli altri. Nel film parliamo anche del mondo del volontariato, della casa famiglia – che è il cuore di questa commedia – e dei giovani. Questo film è stato pensato proprio per i ragazzi, perché è educativo, ma anche per gli altri”. 

Raccontaci la scelta del titolo.
“'Solo cose belle' è lo sguardo che aveva don Oreste rispetto alle persone. Guardava solo i lati migliori di chi incontrava e puntava su quello”.

Protagonista della storia è una casa famiglia dell'Apg23. Ma nella realtà sono proprio così come appaiono nel film?
“Assolutamente sì. In una scena del film si vede Benedetta, la protagonista, entrare per la prima volta in questa casa famiglia. Ho cercato di replicare quello che ho provato io nella stessa situazione”.  

E come è andata?
“Così come si vede nel film. Un vero macello. Si tratta di una situazione di fondamentale precarietà, quasi di povertà, di persone che vengono da contesti difficili, ma c'è una serenità e una felicità di fondo che colpisce e stupisce, nonostante la confusione che regna”. 

Oggi il film viene presentato in Senato davanti alla presidente Casellati. Cosa rappresenta per voi?
“Ci vedo speranza. La speranza che nonostante sia un film piccolo, con un budget molto basso, riesca ad arrivare a tanta gente. Il fatto di essere presentato al Senato, inoltre ci dà la speranza che gli sforzi che abbiamo fatto siano ripagati”. 


La locandina del film

Manuela Petrini: