Asia Bibi è in nomination per il Premio Sacharov 2017. La giovane donna pakistana di fede cattolica è stata condannata a morte per blasfemia da una corte del distretto pakistano di Nankana, nella provincia centrale del Punjabed nel 2010; è rinchiusa in carcere dall'anno precedente la sentenza.
Minoranze minacciate
“Il caso di Asia è di importanza simbolica per altri che hanno sofferto per la libertà di religione o di espressione”, ha spiegato su Fides la sua candidatura Peter Van Dalen, membro dello “European Conservatives and Reformists Group” (Ecr) nel Parlamento Europeo.
“In lei – commenta Kaleem Dean, intellettuale e analista pakistano – si vede la situazione di tutta la comunità cristiana. Il suo caso è tragicamente indicativo dell'insicurezza di tutte le minoranze, quando si tratta del rispetto dei loro diritti umani fondamentali”. “Le accuse di blasfemia sono uno strumento di quella che è diventata l'oppressione statale contro le minoranze. I governanti dovrebbero avere il coraggio e la visione di riformare la legge sulla blasfemia”, conclude Dean.
Il premio Sacharov
Il prestigioso “Premio Sacharov per la libertà di pensiero” viene conferito annualmente dall'Unione Europea a individui o gruppi distintisi per la difesa dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Istituito nel 1988, il riconoscimento è dedicato ad Andrej Dmitrievič Sacharov (1921 – 1989) il fisico sovietico famoso per aver contributo alla messa a punto della bomba all'idrogeno e successivamente per la sua attività in favore dei diritti civili che gli valse il premio Nobel per la pace nel '75.
Gli altri candidati
Tra i candidati di quest'anno, oltre ad Asia Bibi, vi sono: Aura Lolita Chavez Ixcaquic, difensore dei diritti umani provenienti dal Guatemala; Selahattin Demirtas e Figen Yuksekdag, co-presidenti del Partito democratico popolare pro-curdo (Hdp) in Turchia; gruppi e individui che rappresentano l'opposizione democratica in Venezuela; Dawit Isaak, drammaturgo svedese-eritreo, arrestato nel 2001 dalle autorità eritree; Pierre Claver Mbonospa, attivista per i diritti umani in Burundi. L'anno scorso si aggiudicarono il prestigioso riconoscimento Nadia Murad e Lamiya Aji Bashar, due attiviste irachene yazide che denunciarono al mondo le violenze dell'Isis sulle donne e bambine della loro etnia.
Abuso di Stato
Sempre a Fides, Nasir Saeed, direttore dell'Ong Claas “Centre for Legal Aid, Assistance and Settlement”, impegnata per la difesa delle minoranze religiose in Pakistan, denuncia l'abuso della legge sulla blasfemia in aumento negli ultimi anni: “Da anni – prosegue Saeed – la revisione della legge sulla blasfemia è tabù e anche il Primo Ministro del Pakistan ha paura di fare commenti. Il ruolo di Primo Ministro è anche quello di garantire che le leggi non siano abusate, ma purtroppo queste legge sulla blasfemia viene regolarmente sfruttata come strumento di vendetta per perseguire persone innocenti: è considerato un modo semplice, veloce e poco costoso per risolvere controversie private e punire i propri avversari”.
Il direttore di Claas ricorda che esistono rapporti su un gran numero di casi di blasfemia basati su false accuse e sull'assenza di indagini giudiziarie: “Per questo invitiamo il Primo Ministro Abbasi a mettere la questione sull'agenda del suo governo e a portarla in Parlamento”, conclude.