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40 anni dalla legge 194, il dissenso delle associazioni

Quarant'anni dopo la legge 194 che ha legalizzato l'aborto, le associazioni che si battono per la vita fanno sentire la loro voce di dissenso. Sugli scudi il Movimento per la Vita italiano, che continua a giudicare la legge “ingiusta” perché “con il cui timbro e con il cui incoraggiamento sono avvenuti quasi 6 milioni di aborti legali”. Secondo la presidente del MpVi, Marina Casini Bandini, “la affermata riduzione delle interruzioni volontarie di gravidanza come effetto della legge è inaccettabile, perché nei 40 anni si è ridotto il numero delle donne in età feconda per effetto del crollo della natalità e perché la cosiddetta ‘contraccezione d’emergenza’ ha moltiplicato gli aborti tanto clandestini da non essere conosciuti”. “In realtà, nonostante la legge – prosegue -, ciò che può effettivamente aver potuto ridurre gli aborti è cresciuta la sensibilità, a livello culturale, a favore della vita nascente e ciò è avvenuto anche grazie al Movimento per la Vita. Infatti il massimo strumento di prevenzione dell’aborto è la consapevolezza che la gravidanza riguarda anche un essere umano che vive e cresce nel grembo della donna”.

Casini Bandini: “Indispensabile una riforma dei consultori”

“Il Movimento per la Vita – sottolinea Casini Bandini – mette a disposizione della società italiana l’esperienza dei Centri di Aiuto alla Vita che hanno aiutato a nascere 200mila bambini non contro le madri ma insieme alle madri. Se un numero limitato di volontari con pochi mezzi ha potuto ottenere questo risultato, molto più grandi sarebbero gli effetti positivi se lo Stato accogliesse come modello l’opera dei centri di aiuto alla vita. I centri locali possono documentare il loro servizio alle comunità civili in cui essi hanno sede. Il Movimento continuerà con tenacia operosa a contrastare la pretesa di affermare l’aborto come diritto umano fondamentale e rivolge un appello a tutte le forze politiche perché il tema del diritto alla vita fin dal concepimento non sia emarginato e considerato secondario, ma primario perché la uguale dignità umana è fondamento dello Stato moderno”. La Casini Bandini ritiene “indispensabile” una riforma dei consultori familiari “per restituirli alla loro funzione originariamente prevista di essere strumenti esclusivamente destinati ad evitare l’aborto a concepimento avvenuto”. Per la presidente, “il riconoscimento della dignità umana dei concepiti esige anche che sia prevista l’adozione per la nascita di embrioni generati in provetta rimasti privi di progetto parentale e che questa sia l’unica forma ammessa di procreazione assistita eterologa. Contemporaneamente è necessario che i diritti dei concepiti siano resi obbligatoriamente presenti mediante un apposito curatore nelle vicende giudiziarie che li riguardano. Il Movimento continuerà a riconoscere nel concepito uno di noi con la fiducia che tale convinzione divenga patrimonio comune della intera società italiana perché conforme alla ragione, alla scienza moderna, alla cultura giuridica che ha per fondamento la dignità umana, l’eguaglianza e i diritti dell’uomo”.

Ramonda (APG23): “Dietro la liberazione della donna si celava l'inganno”

Sulla stessa lunghezza d'onda Giovanni Paolo Ramonda, presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII “La legge sull'aborto è iniqua, come ogni legge che permette l'uccisione di un essere umano, quali la pena di morte e l'interruzione dell'idratazione e alimentazione per le persone in cosiddetto stato vegetativo – afferma -. Da 40 anni nessuno si è più preoccupato non solo dei bimbi ma neppure delle donne. Fu invocata per la liberazione della donna ma dietro a questi slogan si celava l'inganno. Don Benzi diceva che l'aborto provoca sempre due vittime: il bimbo mortalmente, la mamma per sempre“.

“Una delle emergenze odierne è l'incontrollata diffusione di pillole spacciate come contraccettive ma che hanno effetti abortivi. Molti giovani cadono in questo tranello, ignari delle pericolose conseguenze. – continua Ramonda – L'Italia ha bisogno di aiuti alle gestanti, oggi sempre più sole e spinte a disfarsi del figlio da una società abortista: lavoro, aiuti economici e materiali, protezione da chi le vuole far abortire”. Ramonda ricorda una storia, quella di Marcellina, “una ragazza madre con una lieve insufficienza mentale”. “Per tre volte – prosegue – le consigliarono di abortire ma lei diede alla luce quattro figli, tutti andati in adozione. Qualche anno fa, una delle figlie, dopo un'interminabile ricerca, arrivò a trovare sua madre. Voleva dirle grazie per il dono della vita”. La Comunità Papa Giovanni XXIII dal 1997 opera al fianco delle donne che vivono una maternità difficile. Le gestanti sono accompagnate al fine di rimuovere le cause che le porterebbero ad abortire.

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